FERTILITÀ – Lo sguardo ebraico sulla maternità surrogata

Negli scorsi giorni il papa ha parlato della maternità surrogata come di una “pratica spregevole”, mentre il Parlamento italiano si sta confrontando sulla proposta della maggioranza di farlo diventare “reato universale” (dopo il sì della Camera, il progetto di legge è ora al Senato). Qual è la visione ebraica nel merito? Di “Fecondazione assistita e maternità surrogata” si è discusso in occasione di un incontro al Centro Ebraico Il Pitigliani, all’interno del progetto “Tra Corpo e Spirito” promosso dall’Ospedale israelitico di Roma in collaborazione con il Centro di Cultura Ebraica della Comunità e il Pitigliani stesso.
“È una discussione che sta travolgendo il campo etico. La bioetica cattolica punta a farlo diventare un reato. La posizione della Halakhah, la Legge ebraica, non è così opposta. Non piace in genere perché va oltre i limiti della famiglia costituita, ma dobbiamo rimanere con i piedi nella realtà. Le persone hanno diritto a essere trattate con rispetto e dignità“, ha spiegato il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni. Si tratta d’altronde “di temi non estranei alla nostra Comunità e quindi, anche per questo, non possiamo e non dobbiamo ignorarli”. Il confronto è aperto anche in ambito ebraico, ha riconosciuto il rav, ricordando come nell’ebraismo la trasmissione di identità sia matrilineare. E quindi, nell’affrontare tali questioni, a “quale madre” bisogna guardare? A quella che ha portato il figlio in grembo o a chi lo crescerà per il resto della vita? È un tema “che non è stato ancora risolto in ambito di Halakhah, con una ventina di diverse fonti possibili sul tavolo”.
È stata Enrica Martinelli, docente universitaria a Ferrara e autrice del libro “Procreazione e biotecnologie nel pensiero ebraico e nel sistema giuridico israeliano” edito da Giappichelli, a declinare alcuni aspetti essenziali riferiti a Israele. Una società “family oriented e che gode del più alto tasso al mondo di tecnologie riproduttivo”, ha spiegato l’accademica, che in tema di riproduzione assistita ha descritto “una convergenza pressoché unanime di partiti religiosi e secolari, oltre che di movimenti femministi”. Bruna Coen, ginecologa e responsabile del percorso Donna dell’Israelitico, lo ha definito un “argomento ancora tabù” in Italia, “perché la maternità è considerata quanto di più naturale ci possa essere”. Da qui “la convinzione di una donna con problemi di fertilità di essere in qualche modo difettosa”. Gianni Yoav Dattilo, psicoterapeuta, ha poi raccontato “che tante donne soffrono per l’infertilità, ritenendolo alla stregua di un lutto da elaborare”. L’impatto sulle donne “è molto forte”, ma anche sulle coppie “che spesso si separano proprio per via dell’infertilità”.
L’incontro, moderato dalla direttrice del Centro di Cultura Ebraica Giorgia Calò, si è aperto con i saluti del commissario straordinario dell’Israelitico Mario Venezia e di Anna Orvieto, consigliera del Pitigliani. “Siamo l’unico ospedale israelitico in tutta Europa. È una specificità che ci rende orgogliosi”, ha detto Venezia. Tra le ultime iniziative prese “l’istituzione di uno sportello di consulenza medica per cittadini israeliani: abbiamo organizzato una squadra che parlasse almeno inglese, se non ebraico; un servizio utile per affrontare l’attuale situazione di emergenza”. Orvieto ha poi evidenziato la tradizionale vocazione di apertura del Pitigliani. Un luogo “in cui è possibile riflettere su tanti temi diversi, un luogo aperto al confronto”.