FEDI – Riparte dialogo ma per rav Arbib “dopo 7 ottobre è mancata empatia”
Giacobbe, si legge nella Genesi (28,12), “fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa”. Questo passo – scelto per questa edizione della Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cristiani ed ebrei – sintetizza in poche parole la storia del popolo ebraico, spiega il rabbino capo di Milano Alfonso Arbib. “Il brano del sogno di Yaakov (Giacobbe) ci racconta il momento in cui lui sta fuggendo dal fratello. Come guanciale per dormire ha una pietra, è solo, in una situazione terribile di solitudine e oscurità. Il suo futuro è a dir poco incerto. Ed è in quel momento che vede la scala con gli angeli. Riesce a sognare la scala che arriva al cielo, riesce a cogliere la presenza del divino ovunque, anche nella disperazione”. Un segno di speranza, sottolinea rav Arbib, che racchiude tutta l’esperienza ebraica. “Purtroppo, come ci ricorda rav Jonathan Sacks, la storia ebraica è fatta di fughe, di oscurità, di futuro in pericolo. Ma nonostante questo, il popolo ebraico ha sempre conservato la capacità di mantenere viva la speranza, anche nelle situazioni peggiori, anche dopo le persecuzioni. Anche dopo la Shoah”, afferma Arbib. Un messaggio valido anche oggi, ribadisce il rabbino, parlando dal Memoriale della Shoah di Milano. Al suo fianco, in occasione di un incontro promosso dal rabbinato centrale assieme dalla diocesi della città, l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini. I due, introdotti da Roberto Jarach e Milena Santerini, presidente e vicepresidente del Memoriale, si sono confrontanti sul significato del passo della Genesi e sulla sua attualità.
L’oscurità oggi, hanno ricordato Arbib e Delpini, è rappresentata dal risorgere dell’antisemitismo e dalla violenza di Hamas. “Come leader religiosi – ha affermato il presidente dell’Assemblea rabbinica italiana – dobbiamo agire anzitutto sull’empatia, che dopo il 7 ottobre è mancata”. C’è l’urgenza di costruire un rapporto educativo sano con i giovani, ha aggiunto. “Di fronte al rinascere e mutare del virus dell’antisemitismo e di altre forme di perversione dei sentimenti e del pensiero viviamo la responsabilità educativa”, ha sottolineato Delpini, “sentendo la nostra fragilità, ma con la fiducia che Dio è alleato del bene che facciamo”. Poi il richiamo al passo sul sogno di Giacobbe. “Nella notte improbabile, nel luogo inospitale l’inatteso rivelarsi di Dio confida una speranza: che gli uomini siano gli uni per gli altri una benedizione, che i popoli siano gli uni per gli altri una benedizione”.