MEMORIA – Di Segni(UCEI): Davvero mai più?
“Ci indirizziamo verso il Giorno della memoria il 27 gennaio con senso di grave preoccupazione e dopo il 7 ottobre non può essere partecipato come in ovvia continuità agli anni passati. La coerenza e l’uso delle parole più importanti che segnano il percorso della memoria e del monito ‘mai più’ devono essere utilizzate con la massima responsabilità e consapevolezza e arginando ogni abuso. Abbiamo per questo condiviso alcune note ribadendo concetti fondamentali in vista di questo importante momento”.
Così la presidente Ucei Noemi Di Segni, guardando al periodo dell’anno in cui più numerose sono le iniziative dedicate alla Shoah e ai crimini del nazifascismo. Questo gennaio con un pensiero che non può prescindere da quanto avvenuto poco più di tre mesi fa. Il 7 ottobre “il mondo è cambiato”, sottolinea in una nota. E ciò “aggiunge ulteriori criticità e dubbi su come intervenire e rafforzare l’impegno coerente sulla Memoria”. In ogni sede, annuncia di Segni, saranno affermati alcuni concetti: l’unicità della Shoah “come genocidio che non ha avuto precedenti o pari nella scientificità della pianificazione, presupposti, modalità di esecuzione in nessun altro massacro e genocidio”; il fatto che il Giorno della Memoria sia dedicato “unicamente al ricordo della Shoah, così come rubricato nella legge istitutiva” e che il ricordo di quei fatti non sia “un esercizio teorico limitato alla conoscenza della storia, o per esprimere vicinanza al popolo ebraico”, ma anche uno stimolo ad “attualizzare i fenomeni del passato e saperli riconoscere nel presente”. Nell’occasione il mondo ebraico evidenzierà anche che “la condanna generica”, oltre che gli “appelli al boicottaggio, di isolamento e la demonizzazione di Israele e di tutte le sue istituzioni” sono parte “delle espressioni di antisemitismo”, così come “il ribaltamento e l’attribuzione a Israele di appellativi connessi alla Shoah”. Infine un appello ad usare le “parole giuste”, perché le parole che descrivono l’orrore della Shoah sono oggi “riferite a Israele”, un abuso che “genera odio e pregiudizio”.
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