GUERRA 104ESIMO GIORNO – Cresce tensione sui confini ma spunta piano arabo di pace

Nel nord aumentano le probabilità di un conflitto con Hezbollah, afferma il capo di stato maggiore delle forze armate israeliane Herzi Halevi. Nel frattempo, gli huthi, milizie yemenite foraggiate dall’Iran, proseguono con i loro attacchi contro il sud, e a Eilat suonano le sirene antimissile. A Gaza l’operazione militare anti-Hamas avanza, concentrandosi sul sud della Striscia, ma per raggiungere gli obiettivi serve tempo. Intanto, nell’orizzonte del Medio Oriente, il regime di Teheran attacca in Iraq, in Siria e in Pakistan, sostenendo di voler colpire presunti avamposti israeliani e “gruppi terroristici anti-iraniani”. Il risultato è un allargamento del conflitto, come dimostra la reazione di Islamabad, che ha bombardato un villaggio nella provincia di Sistan e Balochistan, nel sud dell’Iran, al confine tra i due paesi.
In questo quadro di destabilizzazione, a 104 giorni dall’inizio della guerra con Hamas, il Financial Times riporta di un’iniziativa in grado di cambiare gli scenari. Secondo il quotidiano britannico, alcuni paesi arabi stanno formulando un’iniziativa per il cessate il fuoco a Gaza e il rilascio degli ostaggi, come parte di un accordo più ampio. Un’intesa che includerebbe la normalizzazione dei rapporti tra Israele e Arabia Saudita. In cambio Gerusalemme dovrebbe compiere “passi irreversibili” per la creazione di uno stato palestinese indipendente. Il piano, prosegue il Financial Times, dovrebbe essere presentato tra poche settimane ed è stato discusso con Stati Uniti ed Europa.
La ricostruzione giornalistica arriva all’indomani delle affermazioni del segretario di Stato americano Antony Blinken al World Economic Forum di Davos. “Siamo d’accordo sul fatto che la pace regionale includa la pace per Israele, ma ciò potrà avvenire solo attraverso la pace per i palestinesi e attraverso uno stato palestinese”, ha affermato. Da Israele non arrivano repliche, ma la pressione interna si concentra sulla liberazione degli ostaggi. Proprio a Davos una delegazione delle famiglie dei rapiti ha incontrato il segretario generale Onu Antonio Guterres. Le sue esternazioni iniziali sul conflitto e sulle stragi di Hamas, tra ambiguità e deboli condanne, sono state ampiamente criticate in Israele. Ai parenti degli ostaggi oggi Guterres ha promesso di impegnarsi per fare pressione per il rilascio immediato di tutte e 136 le persone ancora in mano a Hamas. Ha inoltre mostrato ai presenti una piastrina in cui si chiede la liberazione degli ostaggi. “È nella tasca destra del mio cappotto, dove di solito c’è la mia mano, e la porto con me ovunque per ricordarmi degli ostaggi in ogni momento”, ha affermato il segretario generale. Altra sua promessa, l’avvio di un’indagine penale contro Hamas per i crimini sessuali commessi il 7 ottobre. A Guterres,Stela Yanai, liberata il 29 novembre, ha spiegato di “aver perso tutto con il rapimento. Ho perso il controllo sulla mia vita, la mia libertà, la mia identità. Sono stata rilasciata, ma ho promesso ai miei amici rimasti prigionieri che avrei fatto tutto il possibile per riportarli a casa”.
Sempre da Davos ha parlato il presidente israeliano Isaac Herzog, chiarendo lo stato d’animo del suo paese in questo momento. “Se chiedete a un israeliano medio, nessuno sano di mente vi dirà che è disposto a pensare agli accordi di pace”. L’unico interrogativo al momento è se ci sarà “una vera sicurezza in futuro”. Non si può avere fiducia nei “processi di pace”, ha sottolineato Herzog, quando “il terrore è glorificato dai nostri vicini”. E quando si subiscono attacchi su tutti i fronti.
In questo clima di accerchiamento, una nota positiva per chi vuole andare in Israele arriva con l’annuncio del ripristino, a partire dal 1 febbraio, dei voli Ryanair. La compagnia area ha reso noto che tornerà in quella data ad operare all’aeroporto Ben Gurion con voli da e per Karlsruhe/Baden Baden, Marsiglia, Memmingen, Milano e Vienna.