L’OPINIONE – Alan D. Baumann: Non ci arrenderemo senza reagire

Il Giorno della Memoria e la guerra scatenata dal terrorismo non sono concatenati. La politica non deve infierire contro una data storica, la situazione in atto in Medioriente oggi non ha nulla da spartire con il 27 gennaio.
Alcune teste calde pensano però di poter continuare ad offendere il popolo ebraico e tutti coloro che credono nella democrazia. Sono cresciuto in una famiglia obbligatoriamente antifascista, con i suoi 41 congiunti uccisi dal nazifascismo, solo perché nati ebrei e mi ritrovo sballottato nelle credenze ereditate e mortificato da vecchie amicizie. Si tratta di affiatamenti del passato, che oggi collocherei tra le presunte e le presuntuose, che fingono di conoscere e riconoscere la storia, falsificandola, deridendola, calpestandola, tentando di farle perdere quella lettera maiuscola che ha per significato 6.000.000 e più di storie personali.
Accuso quelle particelle dell’ANPI, di cui mia madre era socio onorario e di cui vorrei a nome della Memoria disfarmi della tessera, riportargliela urlando “Vergogna!”. Accuso quella finta sinistra che regala o vende gli italiani di religione ebraica. Sinistra alla quale ho creduto per quella lontana intesa politica che la trovava al primo posto nella diffusione culturale, ma che oggi affianca i comunicatori dell’odio. Come si sentirebbe l’Italia se il ministero della salute fosse retto dalle Brigate Rosse o quello tedesco dalle Baader-Meinhof? Eppure, oggi si prendono per reali le cifre diramate dal Ministero di Gaza, ossia da Hamas. Come ho scritto subito dopo il 7 ottobre, “oggi gli arabi vengono visti come terroristi, ma appena Israele si difenderà, diventeranno i poveri palestinesi”. Accuso coloro che non vedono che Israele, ancora una volta telefona ad ogni gazawi per informarlo del prossimo bombardamento, necessario per la distruzione di quei tunnel di cui nessuno era a conoscenza, come di quei missili che da infiniti anni vengono scagliati contro Israele.
Cari ex compagni: non siete ex perché sono cambiato io, ma perché lo siete voi. Avete cavalcato la facile onda dei camerati di allora, di Adolf Hitler sorridente, accanto all’amico gran Mufti di Gerusalemme. Potete chiudere il vostro pugno o urlare “ave” al vostro nuovo Cesare, sia esso Mussolini o Stalin. Vi state autoconvincendo per trovare un posto nel paradiso pullulato da vergini, come credono i vostri fratelli aguzzini. Sappiate però che oggi gli ebrei non si arrendono senza reagire, non finiscono in una ciminiera per compiacere i vostri capi nei lussuosi alberghi a cinque stelle che amano difendersi facendosi scudo dei propri bambini. Gli ebrei, siano essi italiani o israeliani, francesi o sudamericani, si difenderanno. Altro non potrebbero fare, fa parte di loro: amano sopravvivere. Troveranno sempre dell’olio per illuminare la Menorah.
Nei due milioni di abitanti di Gaza, i morti per mano di Israele saranno 1.500.000 bambini, 1.000.000 donne, 800.000 uomini. E potrebbero anche convincere con altre cifre, ma non vi sarà mai un morto sotto la voce “terrorista”.
Pare che possa essere tutto risolto con la soluzione a due stati. Proposta che Israele ha a più riprese offerto ai regimi “palestinesi” ma che costoro hanno sempre rifiutato. Come fecero quando nel 1948 nacque lo Stato ebraico. Proprio per non doverlo accettare, gli arabi rifiutarono questa soluzione. Se Gaza diventasse la Palestina, tralasciando la Cisgiordania, la riterrei un’occasione. D’altronde non se ne possono mica fare due di Stati palestinesi. Oltretutto, il primo missile scagliato contro Israele sarebbe una dichiarazione di guerra e certamente lo Stato ebraico non dovrebbe sentirsi obbligato per coscienza, di dover avvisare telefonicamente o tramite volantini una nazione nemica. Ma Israele non è in guerra contro un popolo, bensì contro un sanguinoso gruppo terroristico, chiamato Hamas.

Alan Davìd Baumann