7 OTTOBRE – Anche l’Italia taglia i fondi all’Unrwa, l’agenzia Onu accusata di pogrom
L’Unrwa, l’Agenzia dell’Onu per i profughi palestinesi fondata nel 1949, va “smantellata”. È quanto chiedeva nel 2017 il premier israeliano Netanyahu, ritenendo l’organismo responsabile di “una considerevole istigazione nei confronti di Israele”. Meglio farla confluire nell’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati, l’Unhcr, suggeriva Netanyahu. Dopo il 7 ottobre, questo appello è tornato di attualità. Gerusalemme ha portato le prove della partecipazione attiva di “diversi dipendenti dell’Unrwa” nelle stragi compiute da Hamas, oltre all’uso di veicoli e strutture dell’agenzia durante l’attacco. Prove fornite dallo Shin Bet e dall’esercito, che hanno costretto l’organizzazione Onu a prendere provvedimenti. “Si tratta di informazioni forti e corroborate”, ha dichiarato ai media locali una fonte dell’intelligence israeliana. “Molte delle informazioni sono il risultato di interrogatori dei militanti arrestati durante l’attacco del 7 ottobre”.
Venerdì sono iniziati i licenziamenti del personale coinvolto nel caso e il capo dell’Unrwa, Philippe Lazzarini, ha promesso “l’avvio di azioni penali”. Intanto, dopo Stati Uniti e Canada, diversi paesi, tra cui l’Italia, hanno sospeso i propri finanziamenti all’agenzia. “Per anni abbiamo messo in guardia il mondo: l’Unrwa perpetua il problema dei rifugiati, ostacola la pace e serve come braccio civile di Hamas a Gaza”, ha denunciato il ministro degli Esteri Israel Katz, ringraziando i paesi che hanno sospeso i finanziamenti. L’agenzia, ha aggiunto Katz, “deve pagare un prezzo per le sue azioni. L’Unrwa non è la soluzione”.
Quando nel 2017 Netanyahu ne aveva chiesto lo smantellamento, era appena stato scoperto un tunnel del terrore costruito da Hamas sotto due sue scuole elementari di Gaza gestite dall’Unrwa. L’anno successivo, gli Stati Uniti del presidente Donald Trump avevano deciso di dimezzare i fondi all’agenzia, chiedendo una netta riduzione del numero di palestinesi riconosciuti come rifugiati. La proposta della Casa Bianca era di passare dagli oltre 5,5 milioni di rifugiati, compresi i discendenti, a meno di un decimo di quel numero (nel 1949, data della creazione dell’agenzia, i rifugiati palestinesi riconosciuti erano 750mila). Nell’agosto 2018 Washington aveva fatto un passo ancor più severo, sospendendo del tutto il suo contributo in attesa di una riforma dell’Agenzia e della definizione di un “giusto numero” di rifugiati palestinesi. L’allora ambasciatrice Usa all’Onu Nikki Haley (oggi unica sfidante di Trump alle primarie repubblicane) aveva invitato poi altri paesi arabi, tra cui Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita, a farsi carico dei costi dell’agenzia, a cui è affidata la gestione delle scuole e dei servizi essenziali per i palestinesi in Cisgiordania e Gaza, così come in Giordania, Siria e Libano.
L’amministrazione Biden aveva riattivato i finanziamenti, ora nuovamente sospesi. Washington chiede ai vertici Unrwa di fare il prima possibile chiarezza e di agire contro il personale coinvolto nel 7 ottobre. Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha parlato con il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres “per sottolineare la necessità di un’indagine approfondita e rapida su questa vicenda”.