IL CONTRIBUTO – Assael: Governo Netanyahu caduto nella trappola di Hamas

Come era prevedibile la pronuncia della Corte di giustizia internazionale dell’Aia in merito all’accusa di genocidio presentata dal Sudafrica contro Israele per come sta conducendo le operazioni militari a Gaza è entrata nel tritacarne delle propagande di entrambe le tifoserie. Da chi sostiene la causa palestinese, è presentata come una condanna subita dallo Stato ebraico senza che neppure sia stato fatto il processo; dall’altra parte, al di là dello scontato tentativo di Netanyahu di sfruttarla per alimentare la sindrome d’assedio che dovrebbe, pia illusione, portare il popolo a stringersi attorno al proprio leader, si tira un sospiro di sollievo perché non accoglie la richiesta del cessate il fuoco, limitandosi a chiedere interventi immediati più o meno ragionevoli (e Aharon Barak, noto ex presidente della Corte Suprema, che rappresenta Israele all’Aia, ha votato a favore della richiesta di provvedimenti contro i ministri che hanno fatto dichiarazioni improvvide). Chiede, inoltre, a Hamas l’immediata liberazione degli ostaggi e conferma, cosa davvero inquietante, i sospetti israeliani contro il personale Unrwa. In Israele, dunque, sentono, realisticamente, scampato il peggio e si fa notare come, forse, fosse mal calibrata l’accusa di genocidio mossa dagli avvocati sudafricani perché più efficace sarebbe stata quella di crimini contro l’umanità. Il tutto si valuterà col tempo. Ciò che, come sempre, stupisce è però l’eccesso ideologico con cui si valuta il caso. Da molti il Sudafrica viene oggi presentato come paladino dei diritti umani; un paese che ha avuto il coraggio di intervenire a differenza del mondo occidentale, bloccato da un presunto senso di colpa di cui il mondo ebraico non vede onestamente le tracce (aspettiamo sempre le stesse oceaniche manifestazioni per i milioni di profughi sudanesi, siriani o armeni). Senza dimenticare che appena lo scorso agosto il governo sudafricano ha invitato a Pretoria quel Vladimir Putin su cui pende un’imputazione da parte della stessa corte. Dunque, se è vero che la memoria sudafricana è condizionata da un ambiguo rapporto fra sionismo e apartheid, sfruttato da frange estremiste degli afrikaner per legittimare la propria ideologia razziale e separatista (imprescindibili gli studi di Milton Shai sulla figura dell’ebreo nell’immaginario sudafricano), è anche pacifico che il paese di Nelson Mandela faccia parte integrante del fronte del Sud globale che sfida apertamente l’occidente sul piano culturale e politico. Un fronte in cui gioca un importante ruolo la retorica araba e islamica, dove Israele è presentato come longa manus dell’imperialismo occidentale. Più che l’afflato umanitario (a intermittenza) sembrano contare i posizionamenti politici; e non è difficile dietro il deferimento sudafricano scorgere l’influenza di Russia, Cina e Iran, che di quel fronte postcoloniale sono capofila.
L’ammissione del caso da parte della Corte ha una rilevanza non trascurabile e la dice molto su come la risposta militare di Israele sia fortemente condizionata dalla volontà di resistenza di questo governo, ormai a picco nei sondaggi. Sono gli stessi motivi che, intersecati con un genuino senso di tradimento nella società israeliana per l’attacco omicida di Hamas, hanno portato esercito e governo a condurre una guerra distruttiva per evitare altre vittime israeliane. Così, si entra nei tunnel della città sotterranea solo per obiettivi estremamente circoscritti e sicuri, per il resto li si seppellisce sotto cumuli di macerie attraverso bombardamenti che, però, provocano un numero enorme di vittime civili. Se a questo si aggiunge la quantità di dichiarazioni fra l’improvvido e l’osceno di numerosi esponenti di questo governo di dilettanti allo sbaraglio e suprematisti ebrei, tanto valeva che il ricorso al Sud Africa lo scrivessero direttamente giuristi israeliani. Lezione da ricavare: il governo è caduto nel trappolone di Hamas, che è ancora viva e vegeta, così come molte delle menti della strage. Prima si fa da parte, meglio è.

Davide Assael