GUERRA 116ESIMO GIORNO – Si tratta sugli ostaggi. Lapid pronto a entrare al governo se uscirà l’ultradestra

“Dopo la guerra, quando sarà finita, penso sia chiaro che Hamas non controllerà Gaza. Israele la controllerà militarmente, ma non avrà la gestione civile”. È il quadro presentato dal ministro della Difesa Yoav Gallant nel corso di un’audizione alla Knesset. Come esempio di libertà di agire militarmente, il ministro ha portato l’esempio di quanto accaduto nella notte a Jenin, nel nord della Cisgiordania. In un ospedale della città palestinese, un’operazione sotto copertura dell’esercito ha portato all’eliminazione di tre terroristi. Secondo l’intelligence israeliana, i tre stavano pianificando un attacco ispirato al 7 ottobre. La missione, ha affermato Gallant, è la dimostrazione di una massima “libertà operativa, eppure non controlliamo l’area dal punto di vista civile”. Significa, ha aggiunto, che questo sistema “è realizzabile (a Gaza), ma ci vorrà del tempo”.
Nel 116esimo giorno dall’inizio della guerra, altro tema caldo è un possibile nuovo accordo per la liberazione dei 136 ostaggi ancora in mano a Hamas. Un quadro di massima è stato negoziato tra le parti a Parigi con la previsione di un cessate il fuoco in cambio del rilascio dei rapiti. Una prima fase dovrebbe durare sei settimane e per ogni ostaggio rilasciato dovrebbero essere scarcerati da Israele tre prigionieri palestinesi. Il rapporto 1 a 3 dovrebbe aumentare quando si passerà ai soldati di Tsahal detenuti a Gaza, ma non è stato reso noto di quanto.
In queste ore Ismail Hanyeh, capo dell’ufficio politico di Hamas, si è recato al Cairo per discutere la proposta. L’ufficio del premier Benjamin Netanyahu ha definito “non accettabili” alcune delle condizioni poste dal gruppo terroristico di Gaza. Tra queste, il completo ritiro dell’esercito, che intanto continua a combattere soprattutto nel sud della Striscia.
Il possibile accordo è oggetto di discussioni all’interno della politica israeliana. Alla Knesset, Gallant ha spiegato di essersi impegnato “affinché le soldatesse repite siano trattate come tutte le altre donne in ostaggio” e il loro rilascio “sia considerato prioritario”. Il ministro della Sicurezza Pubblica Itamar Ben Gvir si è invece messo di traverso, sostenendo che un accordo “sconsiderato” coinciderebbe con la caduta del governo del premier Benjamin Netanyahu. A replicare a Ben Gvir è stato il leader dell’opposizione Yair Lapid, annunciando “una rete di salvataggio per l’esecutivo”. Lapid, riporta l’emittente Kan, sarebbe disposto a entrare temporaneamente nel governo per garantire la finalizzazione dell’intesa per il rilascio degli ostaggi. Una questione delicata, su cui stanno mediando Stati Uniti, Qatar ed Egitto. Per portare a un risultato, il segretario di stato Usa Antony Blinken sembra intenzionato a visitare Israele per la sesta volta dallo scorso 7 ottobre.