MEMORIA – Baveno ricorda la razzia del 1943

Da oggi 14 pietre d’inciampo trovano posto a Baveno (VB). Qui, il 13 settembre del 1943, iniziò una della pagine più buie della Shoah italiana: l’eccidio del Lago Maggiore, in cui furono assassinate in diverse località della zona 57 persone. “Per loro non c’è giustizia perché tutti i nazisti coinvolti furono assolti. Noi però non dimentichiamo i nomi delle loro vittime”, afferma a Pagine Ebraiche Rossella Bottini Treves. Presidente della Comunità ebraica di Vercelli, Bottini Treves è la referente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane per l’area. “Con Baveno abbiamo un rapporto molto stretto e l’apposizione delle pietre d’inciampo è un altro passo importante per la memoria collettiva”, sottolinea. Un pensiero condiviso da Milo Hasbani, vicepresidente Ucei, anche lui intervenuto alla cerimonia. “Questi sampietrini restituiscono un nome e un’identità alle persone a cui furono strappate durante la Shoah”.
È il caso del milanese Mario Luzzatto. L’ex dirigente Pirelli si era trasferito in quei mesi a Baveno con la famiglia per sfuggire alla guerra e alle persecuzioni. Nella notte del 13 settembre 1943 è il primo ad essere arrestato dalle SS, arrivate quel giorno in città. Dopo di lui, sono catturate la moglie Bice, le figlie Silvia e Mariagrazia e la sorella Olga Genesi. Le SS si impadroniscono della loro villa, organizzano una festa e poi saccheggiano quel che possono. Nel mentre, un’altra famiglia ebraica è vittima dei rastrellamenti. Prima viene arrestato Emil Serman, commerciante austriaco, rifugiatosi a Baveno per gli stessi motivi dei Luzzatto. Poi gli aguzzini tornano per prelevare la moglie Maria Müller con la sorella Stefania, la loro madre Giulia e l’amica Sofia Czolosinska.
Nella notte tra il 14 e il 15 le SS si presentano all’Hotel Eden. Sanno che tra gli ospiti c’è Fanny Jette Engel, ebrea di origine austriaca. Anche lei non ha scampo. “Purtroppo – commenta Bottini Treves – ci furono all’epoca diverse delazioni”.
Il 15 settembre è il rabbino Joseph Wofsi, di origine lettone, in Italia dagli anni Venti, a cadere nella retata nazista. La moglie, Emma Baron, sparirà qualche giorno dopo essersi recata al comando tedesco per avere notizie del marito.
Sempre il 15 settembre Carla Caroglio ha un diverbio in mattinata con alcune SS. Non è ebrea, ma nel pomeriggio anche lei viene arrestata. Secondo la ricostruzione dell’Associazione Casa della Resistenza di Fondotoce (Verbania), Caroglio viene “accusata” di essere ebrea.
Quattordici persone in tre giorni vengono prese dai nazisti, che poi proseguiranno la loro azione di morte. Alcune sono assassinate il giorno dell’arresto, la maggior parte tra il 21 e il 22 settembre dopo una riunione tra gli aguzzini in cui si decide per l’eliminazione di tutti i prigionieri. Molte delle esecuzioni, spiega l’Associazione Casa della Resistenza, “avvengono probabilmente sulla spiaggia presso la villa Il Ruscello, appena fuori l’abitato di Baveno in direzione Stresa e i corpi vengono forse gettati nel lago o sepolti sulla riva”. Ora a ricordarne il tragico destino ci sono quattordici pietre in ottone. “Qui come in tutta Italia è importante prendersene cura”, sottolinea il vicepresidente Ucei Hasbani, ricordando il progetto avviato due anni fa dall’Unione giovani ebrei d’Italia di pulizia dei piccoli monumenti. “Purtroppo – aggiunge – sono spesso prese di mira da chi vuole oltraggiare la memoria. È accaduto anche in questi mesi, testimonianza di come la lotta all’odio antisemita sia purtroppo ancora attuale”.