MEMORIA – Da Torino a Palermo
gli avvocati ricordano l’infamia antisemita
stabilita per legge
Oltre 400 avvocati italiani hanno partecipato a un incontro online dedicato al Giorno della Memoria e al ricordo delle vittime della Shoah. L’evento digitale era organizzato dall’Ordine degli Avvocati di Torino e Palermo, insieme ai rispettivi comitati per le pari opportunità. Tra gli intervenuti, l’avvocato Giulio Disegni, vicepresidente Ucei. Il tema della persecuzione è stato affrontato da diverse angolature e in una prospettiva storica ampia, a partire dall’editto del 1492 sulla cacciata degli ebrei che determinò la fine di una presenza in Sicilia per secoli. A ricordarne le conseguenze è stato Vito Lo Scrudato, preside del Liceo Umberto I di Palermo.
Moderato dagli avvocati Barbara Porta di Torino e Michele Calantropo di Palermo, il convegno è nato dalla sinergia tra le commissioni scientifiche dell’ordine delle due città ed è ruotato attorno a un punto centrale, evidenziato dal presidente di quello palermitano Dario Greco: le leggi razziste promulgate nel 1938 contro gli ebrei hanno avuto origine “da un preciso disegno del fascismo e del governo italiano”. Da qui l’importanza di “stare sempre in guardia”. Gli interventi introduttivi degli avvocati Antonio Terminelli di Palermo e di Alessandra Brenchio, che rappresentava la presidente dell’Ordine torinese Simona Grabbi, oltre che degli avvocati Ivana Mazzola e Cesarina Manassero, sempre di Torino, hanno sottolineato l’attualità del tema della Memoria quale antidoto all’odio e alle discriminazioni. Nella sua relazione il vicepresidente Ucei ha poi collegato le due città e il loro impegno per un ricordo consapevole attraverso le generazioni. “Nella targa che nel Tribunale di Torino ricorda i 54 avvocati esclusi dalla professione forense nel 1939 perché ebrei è scritto ‘perché l’odio e l’indifferenza verso l’altro non debbano mai più ripetersi e perché sia bandita ogni discriminazione’”, ha esordito Disegni. Analogamente, “nella targa nell’atrio di Palazzo Steri, già sede del Tribunale dell’Inquisizione di Palermo, in ricordo dei cinque docenti espulsi da quella Università perché ebrei (Camillo Artom, Maurizio Ascoli, Alberto Dina, Mario Fubini ed Emilio Segrè) è scritto: ‘Possano le loro storie ergersi a monito contro la protervia dei complici e l’ignavia degli indifferenti’”.
Da qui Disegni è partito per parlare “dell’indifferenza dei più” verso tali provvedimenti, oltre che degli altri sentimenti che furono espressi allora dalla popolazione, dalla solidarietà alla vera e propria avversità. Disegni ha poi fatto riferimento all’istanza in atto per la sostituzione del nome di Vittorio Emanuele III da uno dei due istituti scolastici superiori di Palermo intitolati all’esponente di casa Savoia, che nel 1938 firmò a San Rossore le infami leggi razziste. La proposta è stata quella di intitolarlo allo scienziato Emilio Segrè, premio Nobel per la Fisica nel 1959.
La particolare situazione degli ebrei in Sicilia durante il fascismo è stata poi messa in luce dal docente Mario Varvaro, ordinario di Diritto Romano all’Università di Palermo, con particolare riferimento proprio all’ateneo siciliano, da cui furono cacciati cinque docenti ebrei e moltissimi studenti ebrei, stranieri e italiani: a loro e all’impatto delle leggi razziste sull’istruzione e sull’università fu dedicata una importante mostra nel 2020, ha ricordato Varvaro.
L’avvocato Maria Di Massa dell’Istituto piemontese per la storia della Resistenza ha quindi approfondito il significato di “crimini di guerra” e di “crimini contro l’umanità”, soffermandosi anche sulle distinzioni e conseguenze di omicidi, stermini, deportazioni, asservimenti contro i civili “per motivi politici, razziali o religiosi”. Di Massa ha parlato anche dei processi legati alla scoperta degli “armadi della vergogna” e toccato le vicende originate dalle recenti disposizioni di legge sulle possibilità di ottenere i risarcimenti nei confronti della Germania, assai contrastati nelle difese assunte dalle controparti costituite nei giudizi in corso. Marcella Filippa, storica e direttrice della Fondazione Vera Nocentini di Torino, ha infine tratteggiato un quadro sulle origini e sulle conseguenze della Shoah, richiamando in particolare la condizione femminile e tra le altre la figura di Etty Hillesum.