LIBRI – Qual è il prezzo della libertà?
In un folgorante saggio intitolato La doppia appartenenza, steso in America nel giugno del 1943, la filosofa ebrea (nata a Kiev e naturalizzata francese) Rachel Bespaloff scriveva: «Se c’è una cosa che il disastro ci ha insegnato è che in ogni momento, e dappertutto, il peggio rimane possibile fin tanto che sussistono le condizioni che lo provocano». Mai come oggi un simile pensiero ci appare in tutta le sua cruda verità, e tale dovrebbe apparire a chiunque sappia usare l’“universal dono” della ragione; così come attualissime sono le pur difficili pagine, in quanto pura filosofia esistenziale, che la Bespaloff stese negli anni dopo il suo approdo in nave a New York, sfuggita alla mattanza nazifascista europea. Era riluttante a lasciare la sua patria di elezione, la Francia; sionista da sempre, lei avrebbe voluto andare nella sua vera terra del cuore, ma all’epoca non esisteva uno stato ebraico né da Marsiglia aveva reali possibilità di arrivare ad Haifa. Spinta dagli amici (non ebrei) e dal marito, salpò con la figlia nel presentimento che la vita americana non l’avrebbe soddisfatta, per ragioni di dna culturale e sociale e persino paesaggistico, come ebbe a riscontrare. Ma quale prezzo non si è disposti pagare per cercare di dare un futuro, un futuro almeno un poco più sereno, ai propri figli?
La sua avventura umana negli States durò in tutto sette anni: il 6 aprile del ’49 si tolse la vita, nonostante fosse divenuta un’apprezzata insegnante in un college universitario. La Golden Medina non fu affatto d’oro per tutti quelli che vi scamparono, e ogni salvazione fisica ha una sua via spesso non esente da disperazione e smarrimento. Eppure, in quella manciata di anni la Bespaloff non smise di lavorare, attiva nella vita intellettuale sia in francese sia in inglese: scrisse pagine acutissime sul popolo ebraico, che non può essere definito soltanto in termini religiosi o culturali o rivoluzionari, tutti riduttivi, poiché si tratta di una nazione capace di trascendenza, e che non può rinunciare alle propria peculiarità ma che anzi deve assumersi «pienamente le responsabilità terrene dell’esistenza nazionale». Eccoci di nuovo dinanzi a un’intuizione che dopo il ‘48 Israele ha dovuto vivere e sta ancora vivendo, che il resto del mondo capisca o meno. Ma questi sono solamente alcuni dei temi che si leggono in questo secondo volume dell’opera omnia della Bespaloff da poco pubblicato, con il titolo La sfida della libertà. Gli anni americani (1943-1949), dall’editore Castelvecchi (pp.396, euro 35) e curato da Claude Cazalé Bérard, Cristina Guarnieri e Laura Sanò. Tra i saggi, si segnalano quelli su Saint-Exupéry, sull’amico Jean Wahl, su Van Gogh e sull’esistenzialismo di Sartre, da cui prende le distanze. Dense anche le riflessioni su Camus e Montaigne. Negli anni Trenta Rachel Bespaloff aveva incontrato a Parigi un altro influente filosofo ebreo di origine ucraina, Lev Šestov, l’esistenzialista religioso (un anti-Sartre, per intenderci) autore de Sulla bilancia di Giobbe, e credo che quell’incontro le restò dentro per sempre, anche quando si allontanò dal difficile maestro. Con il cuore non se ne staccò mai; e come non abbandonò mai i boulevard della capitale francese così non smise mai di sognare la “libertà incarnata” che per lei portava solo e soltanto il nome di Sion.
Massimo Giuliani