GERMANIA – “Abbiamo un problema”

“Come possiamo giustificare il fatto che la Germania rimanga in silenzio quando uno studente ebreo viene aggredito brutalmente, da un compagno di università?”. È la domanda posta da Maria Ossowski sulla Jüdische Allgemeine. In un articolo pubblicato l’8 febbraio e intitolato “Abbiamo un problema”, Ossowski utilizza il noto paradosso dell’elefante – ignorare la presenza di un pachiderma in una stanza ossia negare l’esistenza di un problema talmente enorme che è impossibile non vederlo – per parlare dell’odio dei musulmani nei confronti degli ebrei e dell’ostilità anti ebraica presente nei circoli accademici tedeschi.
Il riferimento è alla vicenda di Lahav Shapira, il trentenne attivista israeliano che, dopo settimane di minacce da parte di alcuni universitari pro palestinesi è stato aggredito mentre era seduto in un caffè di Berlino con la sua compagna. Nipote di Amitzur Shapira, l’allenatore della squadra israeliana di atletica alle Olimpiadi di Monaco 1972 preso in ostaggio insieme ad altri dieci israeliani da un commando di terroristi palestinesi e poi assassinato, Lahav, fratello del comico Shahak Shapira, è stato sottoposto a un intervento chirurgico per ricomporre le fratture al volto. La Freie Universität, di cui sia aggredito che aggressore sono studenti, ha dichiarato che sta esaminando la possibilità di azioni legali. Il presidente del Consiglio centrale degli ebrei di Germania, Josef Schuster, sostiene che “non c’è alternativa all’espulsione dello studente in questione”, misura peraltro non facile da attuare sotto il profilo legale.

Ossowski pone non una, ma diverse domande, tutte dolorosamente scomode: perché l’aggressione a Shapira è stata notata solo da un paio di giornalisti e dalla comunità ebraica? Perché non c’è stata alcuna manifestazione contro una simile brutalità? Perché nessuno protesta se gli studenti ebrei non osano più andare all’università? Centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza a manifestare contro AfD (Alternative für Deutschland, partito di estrema destra), ma perché non protestano contro coloro che il 7 ottobre distribuivano caramelle a Neukölln (il quartiere berlinese a forte presenza islamica)?
L’articolo della Jüdische Allgemeine continua raccontando come la paura sia parte della routine quotidiana degli ebrei in Germania: dal timore di aprire al fattorino quando suona alla porta, alla scelta di non indossare più la kippah, se non sotto un cappello o un berretto, al nascondere qualsiasi simbolo, sono molti i comportamenti tesi a proteggere o nascondere l’identità ebraica. Le attività di “Fridays for Israel” non sono sufficienti, nonostante alle loro manifestazioni partecipino decine di persone: per Ossowski a prendere posizione è ancora una minoranza troppo esigua, è ora che si parli apertamente del problema.