MUSICA – Da Venezia riparte la ricerca
su riti e canti dell’Italia ebraica
Esiste in Italia un rito ebraico specifico, detto romano o italiano. Una peculiarità della più antica comunità della Diaspora, insediatasi lungo le rive del Tevere ancor prima della distruzione del Secondo Tempio di Gerusalemme. Ma l’Italia è stata ed è ancora terra di incubazione tra gli altri del rito tedesco-ashkenazita, importato da ebrei di origine centro europea stanziatisi a Nord fin dal Quattrocento; oppure di quello spagnolo-sefardita, legato alle ondate migratorie verificatesi dopo le espulsioni tra fine Quattrocento e inizio Cinquecento.
Ne discende la grande varietà e diversificazione dei repertori musicali dell’Italia ebraica. Un puzzle complesso “le cui tessere hanno interagito per secoli fra loro e con il mondo non ebraico circostante”, come racconta il progetto “Thesaurus di Musica Ebraica Italiana Online”. Si tratta di un database accessibile da web, che offre un acceso sistematico alle registrazioni, alle trascrizioni e alle partiture dei repertori, degli archivi e delle risorse presenti. L’iniziativa, giunta al terzo anno di ricerca e studio, sarà presentata durante il convegno internazionale “Suoni di una memoria frammentata. Repertori musicali ebraici in Italia” che si terrà a Venezia a partire da giovedì mattina e fino a domenica. Prima nei locali dell’Università Ca’ Foscari e poi presso la Fondazione Ugo e Olga Levi, su impulso anche del centro per il patrimonio liturgico ebraico che porta il nome del ricercatore e musicologo Leo Levi, un pioniere di tali studi. Dalle prospettive della musicologia ebraica a un’analisi del suo repertorio strumentale, dall’impatto della subcultura yiddish a una panoramica su alcune figure illustri di compositori. I temi affrontati saranno molteplici, con il sostegno tra gli altri di Biblioteca Nazionale di Israele, Hebrew Union College, Università Ebraica di Gerusalemme, Centro Primo Levi.
“L’intento principale dell’Online Thesaurus of Italian Jewish Music non è solo quello di rendere disponibili, una volta sistematizzati e categorizzati, i materiali della collezione di Leo Levi, quanto quello di aggiornare tale mappatura alla luce dei cambiamenti demografici e nondimeno rituali che l’ebraismo ha conosciuto negli ultimi 70 anni”, spiega Piergabriele Mancuso, responsabile della ricerca in corso insieme a Enrico Fink e Tamar Levi. “Pur riconoscendo alla tradizione cantoriale soggetto dell’indagine di Levi una posizione assolutamente centrale nell’esame del repertorio musicale ebraico in Italia, il Thesaurus include una considerevole componente di materiale d’archivio relativa al ricchissimo patrimonio di partiture prodotte da praticamente tutte le comunità italiane a cavallo tra Otto e Novecento, sull’onda dell’emancipazione sociale e politica”. Un repertorio affascinante e che però “gli storici dell’ebraismo, comprensibilmente in quanto non avvezzi alla materia musicale, hanno in massima parte ignorato”. Al momento, sottolinea Mancuso, “la nostra piattaforma contiene circa un migliaio di partiture storiche che reputiamo rappresentare, a essere ottimisti, meno di un quarto dell’intero repertorio italiano, presente in archivi pubblici e privati solo in parte inventariati”.