GIUSTIZIA – Nuova azione del Sudafrica contro Israele Famiglie ostaggi chiedono incriminazione Hamas
L’Aia, sede sia della Corte internazionale di giustizia (Cig) sia della Corte penale internazionale (Cpi), è diventata un crocevia del conflitto in Medio Oriente. Qui le famiglie degli ostaggi del 7 ottobre sono arrivate in queste ore per chiedere giustizia. Qui il Sudafrica cerca di nuovo di delegittimare Israele, che accusa di genocidio.
Lunedì, per la seconda volta in pochi mesi, Pretoria ha chiesto alla Cig di imporre un cessate il fuoco a Gaza. A fine gennaio la richiesta non era stata accolta dalla Corte. Il più importante tribunale delle Nazioni Unite aveva però ordinato a Israele di adottare alcune misure provvisorie a tutela dei civili della Striscia, oltre a dare il via libera al processo sul genocidio. Perché quest’ultimo abbia un esito ci vorranno anni. Nel mentre il Sudafrica prova a sfruttare la situazione, continuando a chiamare in causa la Corte. Il suo secondo ricorso è per bloccare la possibile offensiva israeliana nella città di Rafah, ultimo bastione di Hamas. Un’azione che per il governo del presidente Cyril Ramaphosa costituirebbe “una grave e irreparabile violazione sia della Convenzione sul genocidio sia delle ordinanze della Cig” emesse a gennaio.
Dal governo israeliano non è arrivato nessun commento su questa iniziativa ma la precedente era stata bollata come uno strumento in mano a Hamas per attaccare lo stato ebraico.
All’Aia intanto una delegazione del Forum israeliano delle famiglie e dei dispersi ha presentato oggi una denuncia alla Corte penale internazionale (Cpi) contro il gruppo terroristico. La Cpi si occupa di perseguire i crimini compiuti dai singoli a differenza della Cig, competente per gli stati. La richiesta è di perseguire i leader di Hamas per genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità per le uccisioni, i rapimenti e le violenze sessuali compiute il 7 ottobre.
“Speriamo che il procuratore Karim Khan ci aiuti a ottenere giustizia”, ha commentato Hagit Chen, madre di Itay, soldato di 20 anni da 132 giorni nelle mani dei terroristi palestinesi. “Ho bisogno che mio figlio torni a casa. Speriamo di ottenere giustizia e che il mondo ci aiuti a farlo. Questa situazione non può più andare avanti”, ha aggiunto Chen. Secondo Israele a Gaza sono tenuti ancora 134 ostaggi, di cui circa 30 non sarebbero più in vita. Diversi potrebbero essere nascosti a Rafah, da dove lunedì due dei rapiti sono stati liberati in una complessa operazione militare. “Sono venuta all’Aia perché la Shoah del 7 ottobre non è finita. È ancora in corso! Ora!“, ha denunciato Romi Cohen, 19 anni. Suo fratello Nimrod è tra i rapiti. “Dobbiamo pensare al presente – fermare gli orrori che stanno avvenendo ora e liberare tutti gli ostaggi. E al futuro, affinché un simile disastro non si ripeta”.
Il procuratore capo della Cpi, il britannico Karim Khan, sta già indagando su potenziali crimini di guerra commessi a partire dal 7 ottobre. Khan non ha ancora presentato nessuna accusa e oggetto dell’inchiesta sarebbero sia Hamas che Israele.