7 OTTOBRE – Silent Cry: violenza sessuale arma sistematica di Hamas
Mentre la diplomazia internazionale discute e si scontra su possibili tregue a Gaza, l’Associazione dei Centri anti-violenza in Israele riporta le lancette al 7 ottobre. Un suo ampio report pubblicato in queste ore documenta come gli stupri e le violenze sessuali commessi dai terroristi palestinesi siano state “compiute in modo sistematico e deliberato”. Non si è trattato di casi isolati. I crimini contro le vittime israeliane sono stati compiuti “con una chiara strategia operativa”. L’indagine, scrive l’associazione, “è la prima in via ufficiale condotta dal 7 ottobre”. Diverse testimonianze di sopravvissuti, interviste a soccorritori e militari e altre fonti “indicano l’uso di pratiche sadiche da parte dei terroristi di Hamas, volte a intensificare l’umiliazione e la paura dell’abuso sessuale”, si legge nel rapporto. Un documento molto duro in cui si descrivono mutilazioni, sevizie e altre violenze. Crimini di guerra diretti a disumanizzare le vittime: “la donna o l’uomo violentati non sono visti come esseri umani, ma piuttosto come un corpo simbolo del ‘nemico’ su cui proiettare odio e violenza”, spiegano gli esperti. Una parte dell’indagine è dedicata a quanto subito dagli ostaggi – 134 ancora imprigionati a Gaza – sulla base delle testimonianze di chi è stato liberato.
Il report, reso pubblico oggi, è già stato presentato a Pramila Patten, incaricata Onu per le indagini sulle violenze sessuali nei conflitti. Patten è stata in Israele a gennaio per ascoltare testimonianze e raccogliere materiale su quanto accaduto il 7 ottobre. Un passo arrivato dopo un prolungato silenzio delle Nazioni Unite sugli stupri commessi da Hamas. Alla rappresentante Onu lo stato ebraico ha chiesto di fare chiarezza e mettere in luce i crimini dei terroristi. “Le sistematiche aggressioni sessuali perpetrate il 7 ottobre segnano una tappa particolarmente dolorosa nella storia della società israeliana”, sottolineano Carmit Klar-Chalamish e Noga Berger, relatrici dell’indagine dell’Associazione dei Centri anti-violenza. A fare le spese di quelle violenze, sottolineano, è un’intera comunità: le vittime innanzitutto, ma anche chi è stato costretto ad assistere all’abuso, i soccorritori che hanno prestato aiuto ai sopravvissuti o hanno dovuto portare via le salme; gli ostaggi e le loro famiglie che convivono con il trauma della violenza. Ma anche le vittime di abusi sessuali non legati al 7 ottobre, in cui riaffiorano l’angoscia e le ferite di quanto subito. In tutta la società israeliana qualcosa in quel giorno si è rotto, spiegano le due esperte. “In questi giorni, mentre la cicatrice nei nostri cuori si rifiuta di guarire e le anime delle nostre sorelle e dei nostri fratelli ci gridano dalla terra, molti di coloro che pensavamo fossero partner e alleati rimangono in silenzio e quindi negano gli orrori. – denunciano Carmit Klar-Chalamish e Noga Berger, relatrici dell’indagine – Vi invitiamo a far risuonare le loro voci e a non permettere che queste vittime vengano messe a tacere”.