MILANO – Quattro nuovi nomi nella foresta dei Giusti
Altiero Spinelli, Jurij Dmitriev, Narges Mohammadi e Vera Vigevani Jarach
“In un mondo contemporaneo devastato dalla guerre e dove spesso chi dissente diventa un prigioniero politico, è fondamentale non arrendersi alla rassegnazione, un discorso che in questo momento vale a maggior ragione per l’Europa dove troppi sono gli indifferenti”. Sono le considerazioni del presidente di Gariwo, la foresta dei Giusti, Gabriele Nissim, presentando negli scorsi giorni le iniziative per la Giornata europea dei giusti di quest’anno (6 marzo). In particolare per l’occasione quattro nuovi nomi verranno inseriti nel Giardino dei Giusti di Milano: Altiero Spinelli, antifascista che, insieme a Eugenio Colorni ed Ernesto Rossi, firmò nel 1941 il Manifesto per un’Europa libera e unita. Vera Vigevani Jarach, vittima da adolescente delle leggi razziali, fuggita con la famiglia in Argentina dove ha perso una figlia per mano della dittatura militare, diventando una delle più importanti voci per ricerca di giustizia e verità per i desaparecido. Jurij Dmitriev, storico russo condannato per il suo lavoro sulla memoria delle vittime dello stalinismo. Narges Mohammadi, attivista iraniana e Premio Nobel per la Pace 2023, che ha dedicato tutta la vita alla battaglia per i diritti umani nel suo paese. Dmitriev e Mohammadi sono attualmente in carcere per decisione dei regimi russo e iraniano; alcuni eurodeputati hanno chiesto alla presidente del parlamento di Strasburgo Roberta Metsola di dedicare a loro il prossimo 6 marzo, chiedendone la liberazione.
Altra dedica sarà quella in memoria del dissidente Alexei Navalny, morto in prigione in Russia. “Il male vince nella misura in cui il bene è silenzioso”, ha ricordato Nissim, citando lo stesso Navanly.
Monito simile a quello più volte pronunciato in passato da Vigevani Jarach. “Non si può stare in silenzio di fronte all’odio. Io ho avuto la fortuna di conoscere Primo Levi, che mi aiutò sulla questione argentina, e lui diceva: ‘Quello che è accaduto una volta può accadere di nuovo’. La dittatura militare nel 1976 le strappò la figlia 18enne, Franca. Per trent’anni Vigevani Jarach non ha saputo nulla sul destino di sua figlia, lottando per avere verità e giustizia per la figlia e per tutte le vittime del regime. Da una sopravvissuta alle torture, scoprì poi la sorte di Franca, uccisa dopo un mese di detenzione nella Escuela de Mecánica de la Armada, il centro di detenzione e tortura dei ribelli di Buenos Aires. “Lavorare per la memoria vuol dire pensare al futuro”, dichiarò anni Vigevani Jarach a Pagine Ebraiche. “Noi oggi chiediamo verità e giustizia, combattiamo fermamente ogni forma di silenzio e di impunità. Nutriamo la speranza che, anche grazie al nostro sforzo, barbarie come quella che abbiamo subito non si ripetano mai più“. La targa nel Giardino dei Giusti di Milano è un tributo a questo impegno.
Altra dedica sarà quella in memoria del dissidente Alexei Navalny, morto in prigione in Russia. “Il male vince nella misura in cui il bene è silenzioso”, ha ricordato Nissim, citando lo stesso Navanly.
Monito simile a quello più volte pronunciato in passato da Vigevani Jarach. “Non si può stare in silenzio di fronte all’odio. Io ho avuto la fortuna di conoscere Primo Levi, che mi aiutò sulla questione argentina, e lui diceva: ‘Quello che è accaduto una volta può accadere di nuovo’. La dittatura militare nel 1976 le strappò la figlia 18enne, Franca. Per trent’anni Vigevani Jarach non ha saputo nulla sul destino di sua figlia, lottando per avere verità e giustizia per la figlia e per tutte le vittime del regime. Da una sopravvissuta alle torture, scoprì poi la sorte di Franca, uccisa dopo un mese di detenzione nella Escuela de Mecánica de la Armada, il centro di detenzione e tortura dei ribelli di Buenos Aires. “Lavorare per la memoria vuol dire pensare al futuro”, dichiarò anni Vigevani Jarach a Pagine Ebraiche. “Noi oggi chiediamo verità e giustizia, combattiamo fermamente ogni forma di silenzio e di impunità. Nutriamo la speranza che, anche grazie al nostro sforzo, barbarie come quella che abbiamo subito non si ripetano mai più“. La targa nel Giardino dei Giusti di Milano è un tributo a questo impegno.