LIBRI – I sapori di Gerusalemme,
un viaggio in 120 ricette
Yotam Ottolenghi è forse lo chef israeliano più famoso al mondo. Con il suo amico e socio d’affari, il palestinese Sami Tamimi, ha firmato nel 2012 un libro che è diventato in pochi mesi un best seller internazionale: “Jerusalem”. Centoventi ricette che accompagnano il lettore dall’antipasto al dolce, dai quattro quartieri della Città Vecchia ai diversi ma non meno interessanti stimoli di quella moderna. Un libro-evento in arrivo il 5 marzo nella lingua di Dante, anche nelle librerie italiane, edito da Giunti. L’idea degli autori è che darsi appuntamento a tavola sia uno dei modi più efficaci per incontrarsi, dialogare e talvolta anche sognare. “Una delle nostre ricette preferite di questa raccolta, un semplice cuscus con pomodori e cipolle, trae ispirazione da un piatto che la mamma di Sami, Na’ama, gli cucinava quando era un ragazzino nella zona est, musulmana, di Gerusalemme”, raccontano i due chef. “Pressappoco negli stessi anni un piatto molto simile usava prepararlo il babbo di Yotam, Michael, nella zona ovest, ebraica, della città. Michael era italiano e quindi quel piatto era fatto con delle minuscole palline di pasta chiamate ptitim. Entrambe le versioni sono molto piacevoli e gustose”. Ma la storia non finisce qui, visto che “un piatto identico a quello di Michael si ritrova nella cucina degli ebrei di Libia: si chiama shorba e risente dell’influsso che gli italiani hanno avuto sulla gastronomia libica al tempo del loro governo del paese, nei primi anni del ventesimo secolo”. Il ptitim del padre di Yotam “potrebbe dunque essere stato ispirato dalla cucina libica presente a Gerusalemme, a sua volta influenzata dalle origini italiane di Michael”. La ciliegina aneddotica sulla torta di questo incrocio di culture “è che il prozio di Michael, Aldo Ascoli, era un ammiraglio della flotta italiana che nel 1911 fece incursione a Tripoli e occupò la Libia”.
Come si evince da questo passaggio, “Jerusalem” non è soltanto un libro di ricette come tanti altri che gremiscono gli scaffali delle librerie. È un libro speciale, su una città speciale. Ciascuno porta qualcosa del suo bagaglio. “Sono più di vent’anni che abbiamo lasciato Gerusalemme, un tempo più lungo di quello che abbiamo trascorso là”, riconoscono Ottolenghi e Tamimi all’inizio del loro viaggio, sottolineando come sapori e odori della città restino anche a distanza “la nostra madrelingua”. Il libro è in questo senso la realizzazione di “un percorso a ritroso per soddisfare il desiderio di molti adulti di rivivere le prime esperienze alimentari che non trovano pari nell’età avanzata”, celebrando il palpito di una città che “vanta quattromila anni di storia, che ha cambiato un padrone dopo l’altro e che adesso è il centro di tre importantissime fedi e ospita genti di tale diversità da far sfigurare l’antica torre di Babele”.