MILANO – Cenati lascia guida Anpi: Libertà non è dire quello che ci pare

“Adesso basta. Non sono d’accordo con la linea dell’Anpi nazionale, non mi riconosco nell’uso del termine genocidio per la tragedia umanitaria che sta avvenendo a Gaza. Il genocidio è un’altra cosa e usare questo termine ha ripercussioni pericolose sulla Comunità ebraica”. È amareggiato e arrabbiato Roberto Cenati nel parlare con Pagine Ebraiche della sua decisione di lasciare la presidenza dell’Anpi provinciale di Milano. Da tempo pensava a un possibile passo indietro. Troppi contrasti, troppi attacchi interni in un’associazione il cui compito primario dovrebbe essere “la difesa della libertà. Ma non intesa come la possibilità di fare quello che ci pare. Ma la libertà per cui hanno combattuto gli uomini e le donne della Resistenza. L’idea per cui siamo liberi se lottiamo perché anche i nostri vicini lo siano”. Invece, commenta Cenati, all’interno dell’Anpi alcuni hanno scelto di politicizzare l’associazione. Hanno scelto gli slogan, come accaduto con la manifestazione nazionale del prossimo 9 marzo indetta da Cgil e Anpi insieme per “impedire il genocidio” a Gaza. “Ma quel quel termine indica lo sterminio pianificato a tavolino di un intero popolo. È la Shoah, con i lager, le deportazioni, le camere a gas, i milioni di morti. Per quanto sia terribile quanto sta accadendo a Gaza e per quanto si possano criticare le scelte del governo Netanyahu, non c’è analogia. E in più ci si è dimenticati troppo in fretta del 7 ottobre e di cosa siano i terroristi di Hamas”.
Tutto questo ha portato Cenati alla scelta di dimettersi dal ruolo di presidente dell’Anpi Milano, rimanendo però come membro del Comitato provinciale dell’associazione dei partigiani. “Penso di poter ancora dare il mio contributo. Ad esempio lavorando con le scuole. Da tre anni abbiamo un progetto con Libera in cui portiamo i ragazzi nei luoghi dell’antifascismo e del terrore nazifascista a Milano. Parliamo dei valori della Costituzione, della legalità, della lotta contro le sopraffazioni. Penso questo sia il ruolo dell’Anpi”. Non di sfilare ai cortei propalestinesi come avvenuto per alcuni circoli milanesi. “Il Comitato provinciale non ha mai dato la propria adesione. E io continuo a non essere d’accordo. Per una questione di coscienza e di coerenza, ho scelto le dimissioni”. C’è chi ha festeggiato la notizia. “Non è una bella sensazione. Ma è il punto finale di un clima sempre più aggressivo interno all’Anpi. Penso, nel suo piccolo, sia uno specchio della nostra società: sempre più rabbiosa e incapace di discutere pacatamente o accettare che altri la pensino diversamente”.
Dal mondo ebraico è arrivata piena solidarietà e sostegno. “Sono dispiaciuto anche per questo: con la Comunità ebraica di Milano e con l’Ucei abbiamo costruito in questi 13 anni un rapporto solido e proficuo. Spero che tutto questo lavoro non vada disperso”. Anche perché oggi la rete costruita con l’ebraismo italiano è importante per combattere l’antisemitismo crescente. “Siamo in una delle fasi più preoccupanti rispetto ai livelli di antisemitismo nel nostro paese dal dopoguerra a oggi. Accusare gli ebrei di essere i nuovi nazisti non è solo una vergognosa distorsione della storia, è anche un’operazione estremamente pericolosa”. Questo paragone legittima chi compie attacchi antisemiti, sottolinea Cenati. “Come afferma Alfonso Arbib (rabbino capo di Milano), c’è stato un grosso fallimento educativo e dobbiamo interrogarci su come cambiare rotta”. La direzione non è dietro agli slogan d’odio urlati nelle manifestazioni propal.