ALPINISIMO – A Torino il Cai fa ammenda per le espulsioni del ‘38
La Comunità ebraica di Torino ha ricevuto il diploma di socio benemerito del Club alpino italiano come “simbolica restituzione delle tessere associati ai soci espulsi a seguito delle leggi razziali”. Un risarcimento simbolico e una presa di responsabilità da parte del Cai, parte di un percorso avviato nel 2022. “È un atto di riparazione per una macchia del passato per cui non posso che esprimere grande apprezzamento”, ha commentato il presidente della Comunità ebraica di Torino, Dario Disegni. Parole arrivate in chiusura dell’incontro, a cura dello storico Alessandro Pastore, al Museo della montagna per presentare “Il Cai e le leggi razziali. Il caso della Sezione dell’Urbe” del giornalista Lorenzo Grassi. Il volume è stato il primo passo di una approfondita indagine del Cai sul proprio passato. Un lavoro che ha portato nel gennaio 2023 alla riammissione formale dei soci epurati della sezione romana, con la partecipazione dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e della Comunità ebraica della capitale. Ora è arrivato il passo riparatorio a Torino con la consegna al presidente Disegni della tessera associativa alla Comunità da parte del presidente della sezione locale, Marco Battain. “Per ottant’anni le leggi razziste, preferisco questo termine a razziali, sono state presentate in maniera edulcorata”, ha sottolineato Disegni. Una narrazione falsa e fuorviante perché “quelle norme sono state una profonda tragedia. Gli ebrei furono espulsi da scuole, università, dai impieghi pubblici e privati, da associazioni come il Cai appunto. La comunità ebraica fu isolata e indebolita preparando il terreno per le deportazioni e lo sterminio”. Con ritardo l’Italia ha iniziato a fare i conti con questo passato.
L’iniziativa del Cai, definita dal suo presidente generale Antonio Montani “il recupero del giusto cammino”, rappresenta un impegno importante, hanno affermato Disegni e lo storico Fabio Levi, presidente del Centro Internazionale di Studi Primo Levi, durante la serata al Museo della montagna. Lo storico ha ricordato il rapporto del celebre scrittore torinese con la montagna così come la sua scelta di non aderire al Cai. “Era un’istituzione fascista e noi eravamo antistituzionali: la montagna rappresentava proprio la libertà, una finestrella di libertà”, spiegò Levi in un’intervista del 1966 con il giornalista Alberto Papuzzi.
Costituita nel 1863 a Torino, l’associazione alpinistica durante il regime fu completamente fascistizzata. Tanto da cambiare parzialmente nome. Lo straniero Club viene trasformato nell’italiano Centro. La modifica avviene nelle stesso anno delle leggi razziste, il 1938. Siamo a maggio. A dicembre il presidente generale Angelo Maranesi emana la circolare con cui ordina a tutte le Sezioni di identificare ed espellere i soci ebrei.
Tra loro ci sono i torinesi Leone Sinigaglia ed Emilio? Artom, ricordati ieri da Disegni. Il primo, avvocato, musicologo, morì il 16 maggio 1944 quando le milizie fasciste arrivarono all’ospedale Mauriziano di Torino per prelevarlo. Il secondo, era un professore di matematica, “che trasmise ai figli Emanuele ed Ennio la sua grande passione per la montagna. Purtroppo Ennio morì in un tragico incidente proprio in montagna. Emanuele invece divenne una figura di spicco della Resistenza, fino alla sua cattura da parte dei fascisti. Brutalmente torturato, fu assassinato ottant’anni fa”.
L’impegno ora del Cai torinese è il recupero delle storie e dei nomi di tutti i soci ebrei espulsi e restituire loro un posto nel Club.