MILANO – Margarethe Weissenstein, Aldo Levi e Bianca Foà fra le 14 nuove pietre d’inciampo

“Tina cara mi crederà molto debole perché non ho forza… ma le assicuro che ci vuole più forza per provare a resistere. Mille volte mi dico: no, così non si può vivere e mille volte mi rispondo: sì! Devi resistere per tornare e la vita mi sembra bella come mai mi è sembrata prima, impossibile lasciarla. È stata colpa mia”. Da Bolzano il 7 dicembre 1944 Margarethe Weissenstein de Francesco scrive questa lettera. È stata arrestata dalle SS due mesi prima a Milano, città d’adozione. Giornalista, scrittrice, ebrea e antifascista, nella lettera Weissenstein sembra farsi forza con le parole. Lei che con le parole ha lavorato tutta la vita, usandole per decostruire e criticare le dittature con il suo saggio “Il potere del ciarlatano”. Il 14 dicembre del 1944 viene deportata a Ravensbruck e riesce a scrivere al marito: “Non credo che mi aspetti la morte, soltanto molta sofferenza”. Sarà assassinata nel lager nazista, probabilmente nei primi mesi del 1945. La sua storia è tornata di attualità in questi giorni perché a Milano, in via Fucini 5, in sua memoria è stata posta una pietra d’inciampo. “Un orgoglio essere qui”, ha commentato la pronipote Irene De Francesco, segretaria della Fondazione Cdec. Diversi suoi carteggi e fotografie sono conservati proprio al Cdec. Tra cui le lettere inviate all’amica Kathleen Keegan, madre del filosofo e storico Bruno Segre. È stato lui a donarle alla Fondazione.
Il sampietrino d’ottone dedicato a Weissenstein de Francesco, nata a Vienna nel 1893, rappresenta un altro tassello della memoria diffusa in costruzione a Milano grazie alle pietre d’inciampo. Oltre alla sua in questi giorni in città ne sono state apposte tredici, tra cui alcune dedicate agli operai deportati per aver manifestato nel marzo del 1944 contro il regime nazifascista e contro la conversione delle fabbriche alla produzione di armi.
Con le recenti apposizioni, in via Pompeo Cambiasi 3 ora le pietre sono due. A fianco del marito Aldo Levi, trova posto quella di Bianca Foà. I due furono arrestati insieme il 26 novembre 1943 a Cernobbio, trasferiti nel carcere di Como, poi da qui a San Vittore. La loro permanenza a San Vittore viene ricordata anche nella testimonianza di Liliana Segre: “Nella nostra cella entrarono timidamente due sposini di Torino, Aldo e Bianca Levi, quasi a chiederci scusa della forzata ospitalità. Si sistemarono sulla branda dove dormiva papà, lui si mise sul pagliericcio, per terra, accanto a me.” Il 30 gennaio 1944 partono dalla Stazione Centrale di Milano con il trasporto n.24. Bianca morirà il 30 settembre 1944. Aldo il 20 gennaio 1945. “Vogliamo ricordarli insieme. Un dovere anche per il futuro”, è stato sottolineato nel corso della posa della pietra.