IL CONVEGNO – Rav Di Segni: Combattiamo ancora contro Amalek
«A Purim tutto viene a galla». La sintesi è di rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, nell’inaugurare il convegno “Ester nella storia. Metamorfosi di un racconto biblico” in svolgimento tra la sede dell’Università degli studi Tor Vergata e il Museo ebraico della capitale, dove da qualche giorno è allestita la mostra “Bellissima Ester”. Due giornate di studio sulla figura della coraggiosa regina che svelò le trame e inchiodò alle sue responsabilità il perfido Amman e su come questa storia è stata recepita anche fuori dal mondo ebraico, con un’influenza significativa nella cultura e nel pensiero religioso. «Purim evoca il rischio di uno sterminio del popolo ebraico. Uno schema che si ripropone come angoscia e come speranza, perché c’è sempre un Amalek che ricompare nella storia», ha sottolineato il rav, facendo un’allusione “alta” all’attualità di questi mesi.
Nella sua lezione il rav si è soffermato «sui numerosi riferimenti al passato, ma anche sulle interpretazioni che parlano al presente e al futuro» individuabili tra le pagine della Meghillah Ester, il testo ascoltando la lettura del quale si compie una delle quattro prescrizioni di Purim assieme al dono di cibo (Mishloach Manot), all’assistenza ai bisognosi (Tzedakah) e al pasto festivo. Già nel primo versetto, ha spiegato Di Segni, la vicenda di Ester è messa in relazione con quella della matriarca Sara, moglie di Abramo e madre di Isacco. La Meghillah ricorda infatti che su 127 province regnava il potente re Assuero, «127 come gli anni vissuti da Sara, l’unica donna della Bibbia di cui è citata l’età». La storia di Ester «è anche il compimento di un ciclo, perché come ci viene detto suo zio Mordechai era un beniaminita, mentre Amman era un discendente di Agag, il re amalecita risparmiato da Saul». Mordechai ed Ester, contrapponendosi ad Amman, «fanno così il lavoro che il loro avo Saul non aveva compiuto a suo tempo». Un altro tema trattato dal rav è stata l’assenza del nome di Dio nel testo. Varie le risposte possibili. Una delle quali è che, circolando la Meghillat Ester in tutto l’Impero, «non si volesse dare il nome di Dio in mano a dei pagani». Un’altra è la tesi del «Dio nascosto» nel nome Ester, la cui radice è Seter, che significa per l’appunto «nascosto». Diversamente la parola re compare ben 251 volte, in maniera ossessiva, proprio per dimostrare che il re «pensa di dominare il mondo, ma in realtà c’è qualcuno che lo domina davvero; però senza farsi vedere».
(Foto: Giovanni Montenero)