DAI GIORNALI DI OGGI
Bokertov 7 maggio 2024

Una «trappola», un «trucco» per «presentare Israele come chi rifiuta» l’intesa. Così un portavoce israeliano, racconta La Stampa, ha descritto al sito israeliano ynet l’annuncio di Hamas di aver accettato un’intesa per il cessate il fuoco. In realtà, spiega il Foglio, «Hamas non ha accettato nessun accordo, ha creato un teatro comunicativo per fare pressione su Israele e fermare l’operazione a Rafah». La bozza approvata dai terroristi palestinesi non è quella avvallata da Israele, ma è una versione annacquata. Per il Corriere, «Egitto e Qatar sembrano aver gestito questo passaggio delle trattative da soli prendendo di sorpresa, almeno all’apparenza, i mediatori statunitensi e di sicuro gli israeliani». Gerusalemme, scrive Repubblica, per ora ha deciso di mandare solo una squadra esplorativa al Cairo.

Davanti al tentativo di Hamas di confondere le acque, riporta il Giornale, il gabinetto di guerra israeliano ha deciso «all’unanimità che Israele continuerà l’operazione a Rafah per esercitare pressione militare su Hamas per accelerare il rilascio dei nostri ostaggi e distruggere le sue capacità militari e di governo», ha dichiarato il portavoce del governo israeliano Ofir Gendelman.

Secondo l’analista israeliano Tamir Hayman, direttore esecutivo dell’Institute for National Security Studies, i benefici non sono sufficienti a coprire i costi di un’azione a Rafah. Soprattutto, spiega Hayman, perché rischia così di saltare «l’opportunità di normalizzare i rapporti con l’Arabia Saudita e creare una partnership regionale che agisca in contrappeso all’Iran» (La Stampa).

Intervistato da Avvenire, il giornalista di guerra israeliano Itai Anghel racconta la sua esperienza al seguito di Tsahal. «Oggi la maggior parte dei terroristi non indossa una divisa, quindi diventa sempre più difficile combattere in un tessuto urbano di oltre due milioni di abitanti e distribuito su due livelli: quello di superficie e i tunnel, sotto», spiega Anghel. «Si possono uccidere i terroristi ma non le ideologie», aggiunge, «specie in un sistema in cui chi dovrebbe occuparsi dell’educazione – l’Unrwa – è spesso connivente con Hamas».

Ad opporsi a un’operazione a Rafah è il presidente Usa Joe Biden. Lo ha ribadito ieri a Netanyahu, riporta tra gli altri Repubblica, in una telefonata di circa mezz’ora. «Non è qualcosa che possiamo sostenere», ha detto un portavoce del dipartimento di Stato dopo la chiamata. Simile la posizione della Francia e dell’Ue. Biden, segnala sempre Repubblica, avrebbe ottenuto da Netanyahu la riapertura del valico di Kerem Shalom, chiuso domenica dopo l’attacco di Hamas che ha ucciso quattro soldati israeliani. Il Foglio aggiunge che il molo realizzato dagli Stati Uniti a largo di Gaza per portare via mare aiuti umanitari «dovrebbe essere pronto a giorni e il suo funzionamento non verrebbe intaccato da un’operazione pesante a Rafah».

Non solo l’Iran anche il Qatar è una minaccia internazionale, ha avvertito il ministro dell’Economia israeliano Nir Barkat nel corso di un incontro a Roma con la stampa italiana, riportato oggi da Libero. «Un lupo travestito da agnello». Così Barkat definisce il Qatar: «Sono il più grande finanziatore del terrorismo nel mondo. Giocano su tutti i tavoli, ma il loro cuore, la loro anima, la loro strategia e la loro visione fanno parte della malvagia alleanza della Jihad. Chiedetelo agli Emirati, chiedete ai sauditi quale sia la loro più grande minaccia. E capirete che la collaborazione tra Qatar e Iran rappresenta una minaccia seria».

«Ci sentiamo sempre più soli, pure in Italia. Un ebreo non può girare liberamente con segni identificativi. Non si può andare a pregare più come una volta, né accompagnare i propri figli a scuola, senza correre il rischio di essere insultati». È l’allarme lanciato dalla presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni, intervistata oggi dal Tempo. «Non mi sento di dire che c’è una parte del governo o della politica che incita le persone contro gli ebrei, ma c’è piuttosto una sottovalutazione di alcune esplicitazioni o esternazioni. Si accettano determinate forme di protesta come se fossero libertà assolute e invece non lo sono affatto», spiega Di Segni. A proposito di violenza e pregiudizio, il Foglio racconta diversi episodi di antisemitismo avvenuti in Italia in questi mesi.

È stata presentata ieri sera a Torino l’associazione Sette Ottobre, nata per «difendere i valori di Israele, contro l’antisemitismo, contro il boicottaggio delle università» (Corriere Torino). «Quello del 7 ottobre è stato un pogrom, ma dal giorno dopo la narrazione si è capovolta», ha affermato Dario Disegni, presidente della Comunità ebraica di Torino durante l’evento. «È salito alla ribalta un movimento antisemita camuffato da antisionismo che sta conquistando l’opinione pubblica».

Ieri sono stati assegnati i premi Pulitzer. Per la saggistica a vincere è stato Nathan Thrall, californiano che vive a Gerusalemme, con il suo A Day in the Life of Abed Salama: Anatomy of a Jerusalem Tragedy (pubblicato in Italia da Neri Pozza con il titolo Un giorno nella vita di Abed Salama). Premiati anche i giornalisti del New York Times, riporta il Corriere, «per la copertura dell’attacco di Hamas contro Israele il 7 ottobre scorso, il fiasco dell’intelligence israeliana e la risposta militare di Israele».