DAI GIORNALI DI OGGI
Bokertov 16 maggio 2024
L’ex capo della ricerca per l’intelligence militare israeliana Yossi Kuperwasser, intervistato da Repubblica, sostiene che attaccare Rafah sia «una condizione necessaria per vincere questa guerra: non possiamo fermarci e non capisco chi ci chiede di farlo». Cinque le ragioni elencate da Kuperwasser. Il primo, «il più ovvio, è che è la porta di Gaza». Poi: «È l’ultimo bastione di Hamas». Quindi: «Se non facciamo pressione su Rafah non rilasceranno gli ostaggi». E ancora: «Rafah è fondamentale per gli aiuti umanitari». Infine: ciò «che accade a Rafah avrà effetti in tutta la regione», perché se Israele si ritirerà prima di aver raggiunto i suoi obiettivi «Hamas dirà di aver vinto», legittimando le ambizioni dell’Iran e di Hezbollah.
Il coordinamento degli affari umanitari dell’Onu ha ridotto di quasi la metà il numero di donne e minori uccisi a Gaza. Alla fine del conflitto, riporta il Foglio, «forse sarà più chiaro che Israele aveva compiuto sforzi considerevoli per ridurre al minimo gli effetti della guerra sui civili, mentre Hamas continuava a utilizzare gli ospedali, le scuole e le moschee come fortezze». Alla fine della guerra «forse verrà fuori un “genocidio” di terroristi».
Le dichiarazioni del ministro della Difesa Yoav Gallant, contrario all’istituzione di un governo militare o civile israeliano a Gaza, hanno aperto un nuovo scontro dentro l’esecutivo. La sfida al premier «è politica e fa sponda con la linea dell’amministrazione Biden» (La Stampa). «L’ultradestra contro Gallant», titola tra gli altri il Giornale, segnalando la richiesta di dimissioni arrivata dai ministri Bezalel Smotrich e Itamar Ben Gvir.
All’Università Statale di Milano occupata dai propal è in programma nel pomeriggio un’assemblea in cui si presenta Israele come un paese colonialista e promotore di apartheid. I giornali milanesi riferiscono di una lettera di protesta inviata dal presidente della Comunità ebraica Walker Meghnagi al rettore Elio Franzini, in cui si esprime «sconforto» a fronte «dell’ennesimo episodio di cui l’università è palcoscenico».
Il filo che accomuna le proteste «rimane lo stesso: la richiesta ai rispettivi rettori e Senati accademici di sospendere ogni collaborazione», scrive il Sole 24 Ore. «Facile a dirsi, un po’ meno a farsi, considerando che, da oltre 20 anni, Israele è un partner strategico per il nostro mondo accademico».
Il Foglio traduce l’intervento del comico ebreo Jerry Seinfeld, “boicottato” negli scorsi giorni da alcuni studenti propal della Duke University. Per il quotidiano le sue parole contro il «politicamente corretto» diffuso nella cultura woke andrebbero imparate «a memoria».