DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 22 maggio 2024
Il governo israeliano ha invitato «le nazioni civili del mondo» a non eseguire i possibili mandati di arresto chiesti dal procuratore della Corte penale internazionale Karim Khan contro il premier Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa Yoav Gallant. Gerusalemme, scrive il Corriere della Sera, «sa che questa sfida è anche di persuasione». Per questo, spiega il quotidiano, il ministero degli Esteri israeliano sta mettendo in piedi una squadra di emergenza per contrastare «le proteste nei campus universitari, sostenere le comunità e ebraiche della diaspora, soprattutto provare a ribaltare l’equiparazione tra il premier Benjamin Netanyahu e Yahya Sinwar, capo di Hamas».
Israele incassa il sostegno americano. Il presidente Joe Biden, riportano Sole 24 Ore e Repubblica, ha ribadito che gli Stati Uniti «respingono la decisione» del procuratore capo. «Quello che sta accadendo a Gaza non è genocidio. Vogliamo che i macellai di Hamas vengano sconfitti». Il portavoce della Casa Bianca e Antony Blinken, il segretario di Stato, confermano di essere già al lavoro con il Congresso per contrastare i magistrati dell’Aia. Tra le mosse, segnala il Corriere, «ci potrebbe essere l’approvazione di sanzioni contro il tribunale creato con lo Statuto di Roma nel 1998».
La squadra del procuratore Karim Khan doveva andare in Israele per farsi spiegare se Gerusalemme «si sta impegnando per l’ingresso degli aiuti umanitari o meno». A premere per questa missione, ricostruisce il Foglio, erano stati gli Stati Uniti. Ma Khan ha scelto un’altra strada, evitando il viaggio e invece annunciando la richiesta dei mandati d’arresto. Una retromarcia, conclude il quotidiano, che ha portato alla dura reazione di Washington, «tradita» dal magistrato della Cpi.
Sull’iniziativa all’Aia l’Europa si sta dividendo, segnala La Stampa. Francia, Irlanda, Slovenia, Belgio e Spagna hanno espresso il loro forte supporto alla Cpi. La Germania ha criticato l’equiparazione tra i leader israeliani e i capi di Hamas, ma ha ribadito il proprio sostegno all’indipendenza della Corte. Dai paesi dell’Est, come Ungheria e Repubblica Ceca, è arrivata una netta opposizione ai mandati d’arresto contro Gerusalemme.
Israele è unito nel condannare l’operazione del procuratore capo della Cpi, ma si interroga «come il paese possa essere arrivato a questo punto, perdendo la solidarietà internazionale scatenata dall’attacco del 7 ottobre», riporta Repubblica. Il quotidiano riprende le parole dell’editoriali di Yedioth Ahronoth Ben-Dror Yemini che punta il dito su Netanyahu e la sua apertura all’estrema destra nazionalreligiosa: «L’uomo che ha deciso di mettere la Sicurezza nazionale nelle mani di Itamar Ben Gvir e l’amministrazione della Giudea e della Samaria in quelle di Bezalel Smotrich non può sorprendersi del fatto che il credito internazionale del suo governo si sia esaurito: né di aver ricevuto un pugno sul naso», scrive Yemini. Fiamma Nirenstein sul Giornale sostiene invece che Netanyahu sia «l’agnello sacrificale del rogo dei diritti umani che si sta compiendo utilizzando l’attizzatoio dell’antisemitismo. Netanyahu è il Dreyfus di ieri». Secondo Gilles Kepel il leader del Likud è «destinato a cadere»:«È un eroe shakespeariano che fa la guerra per salvarsi dal carcere, ha una responsabilità politica enorme, i laburisti non sopravvissero al disastro di Yom Kippur nel 1973».
Sul piano militare, Repubblica, riprendendo il Washington Post, racconta come Usa e Israele potrebbero aver trovato un accordo sull’operazione a Rafah. In particolare l’amministrazione Biden avrebbe accettato la proposta di Tsahal di una manovra limitata per smantellare i battaglioni di Hamas nell’area. Sempre Repubblica segnala però come un altro caso abbia creato frizioni tra Gerusalemme e Washington: il sequestro da parte della autorità israeliane di telecamere ed equipaggiamento dell’Associated Press, con l’accusa di non aver sospeso la fornitura di servizi alla qatariota Al Jazeera, sanzionata da Gerusalemme perché considerata«pericolosa per la sicurezza di Israele». La Casa Bianca ha criticato il sequestro ad Associated Press e anche in Israele ci sono state polemiche, fino alla revoca del provvedimento da parte del ministero della Comunicazione.
Molta attenzione al convegno sull’antisemitismo organizzato al Memoriale della Shoah di Milano dalla Fondazione Cdec e dalla George Washington University. Corriere, Stampa, Repubblica e Libero riprendono in particolare le parole della senatrice a vita Liliana Segre, intervenuta alla fine della conferenza dedicata ad analizzare l’ondata antisemita emersa dopo il 7 ottobre. Per Segre «accusare Israele di genocidio è una bestemmia».
La protezione delle navi che transitano nel Mar Rosso, messe a rischio dagli attacchi dei ribelli yemeniti Houthi e l’operazione Aspides, di cui l’Italia ha ottenuto il comando tattico. Le tensioni al confine tra Israele e Libano, presidiato dai militari della missione Unifil delle Nazioni Unite. La minaccia dell’antisemitismo, «da contrastare senza ambiguità». Sono alcuni dei temi esaminati ieri, riporta il Corriere della Sera, nella riunione al Quirinale del Consiglio supremo di difesa, organo costituzionale convocato e presieduto dal capo dello stato, Sergio Mattarella.
«Noi ebrei sappiamo che l’unico grande numero, l’unico vero numero, il solo che conti, è l’Uno di ogni vita salvata», scrive su Repubblica il filosofo francese Bernard-Henry Lévy, sottolineando la necessità di salvare fino all’ultimo ostaggio in mano a Hamas. Lévy attacca le distorsioni delle manifestazioni propalestinesi. «Tentando di proibire questa guerra a Israele, negandogli il diritto di difendersi e rivoltando l’epiteto nazista, come un guanto di infamia, sul nome di un popolo che lotta non per espandersi ma per sopravvivere, questi criminali, con il supporto di deboli di spirito e di ignoranti, si lavano del sangue ebreo che hanno fatto scorrere nel corso dei secoli», accusa il filosofo.