DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 3 giugno 2024

Israele ha accettato l’intesa per una tregua in tre fasi promossa dal presidente Usa Joe Biden, raccontano i quotidiani oggi. «Non è un buon accordo, ma vogliamo veramente che gli ostaggi vengano tutti rilasciati», è la valutazione del consigliere del premier israeliano Benjamin Netanyahu, Ophir Falk, ripresa dal Giornale. Ad aver promosso il piano di intesa, con la liberazione in una prima fase di alcuni ostaggi – donne, bambini e anziani –, sono stati Mossad e Cia, scrive il Messaggero. Sabato in Israele erano scese in piazza 120mila persone per chiedere un accordo, aggiunge Repubblica.

Anche il presidente d’Israele Isaac Herzog sostiene la proposta annunciata da Biden, riporta il Giornale. Ma Netanyahu, scrive Repubblica «ha il problema di tenere a bada l’ala più radicale della coalizione, soprattutto i ministri messianici oltranzisti Ben-Gvir e Smotrich, che hanno minacciato di far cadere il governo se verrà firmata un’intesa che non preveda l’eliminazione dei vertici politici e militari di Hamas nella Striscia». Per Domenico Quirico (La Stampa) l’intesa Usa è una soluzione “capolavoro di Biden” che accontenta tutte le parti. Per Giuliano Ferrara (Il Foglio) è troppo rischiosa per Israele perché non prevede l’eliminazione di Hamas.

L’esercito intanto ha condotto una nuova operazione a Rafah. E il ministro della Difesa Yoav Gallant ha annunciato il piano per la fine della guerra a Gaza: «Vogliamo isolare delle aree e ripulirle da Hamas per installare forze locali che le governino» (Corriere). Secondo il portavoce per la sicurezza Usa, John Kirby,«Israele ha centrato buona parte dei suoi obiettivi a Gaza. Dal punto di vista militare, Hamas non è più una minaccia» (Stampa).

Tra le opzioni per Gaza, si parla del ripristino di una missione europea – Eubam – a Rafah, al confine con l’Egitto, per gestire il valico. La missione era stata attiva tra il 2005 e il 2007, dopo il ritiro israeliano dalla Striscia e fino alla guerra civili che portò al potere Hamas. «Per due anni abbiamo controllato i valichi di accesso alla Striscia. Anche oggi sarebbe la soluzione», afferma a Repubblica Pietro Pistoiese ex generale e capo della missione Eubam.

Al nord d’Israele cresce nel mentre la tensione a causa del lancio di circa 40 razzi e droni carichi di esplosivo da parte dei terroristi libanesi di Hezbollah. Sul Foglio Daniela Santus ripercorre «la lunga storia di un’altra frontiera che scotta», ricordando come circa 100mila israeliani siano stati evacuati dall’area dopo il 7 ottobre a causa degli attacchi di Hezbollah.

Prima lo strappo per la decisione del sindaco di Bologna Matteo Lepore di esporre la bandiera palestinese sulla facciata del Comune. Ora, in occasione del 2 giugno, c’è stato un riavvicinamento con il presidente della comunità ebraica locale, Daniele De Paz. Obiettivo comune è realizzare in città una casa delle religioni assieme al presidente dell’Ucoii Yassin Lafram e al cardinale Matteo Zuppi, racconta Repubblica Bologna. «Innescare questo lavoro comune potrà allentare un po’ le tensioni di questi giorni. E anche le conseguenze che ha avuto il gesto del sindaco», afferma De Paz. Sempre Repubblica segnala l’intenzione di Lepore di chiamare oggi la presidente Ucei Noemi Di Segni, «la più dura mercoledì nel condannare la scelta del sindaco di appendere la bandiera».

Nonostante l’ayatollah Khameini minacci in continuazione di voler cancellare lo stato ebraico, l’ambasciatore iraniano a Roma, Mohammad Reza Sabouri, al Corriere dichiara: «Non abbiamo mai detto che intendiamo distruggere Israele». Nella stessa intervista il diplomatico nega le violente e documentare repressione del regime di Teheran contro i suoi stessi cittadini: «Tutta propaganda».

Il giurista Eugene Kontorovich sul sito ebraico americano Tablet, ripreso oggi dal Foglio, attacca l’amministrazione Biden, sostenendo che «i crimini di Hamas hanno fatto sì che gran parte del peso del governo americano venisse esercitato nel portare avanti la causa dello stato palestinese». Sul Giornale invece, in un pezzo intitolato «Il marketing del dolore che sfrutta pure la guerra», racconta come alcune aziende usino le manifestazioni propal per il proprio profitto, vendendo ad esempio capi con colori della bandiera palestinese.

Si intitola Kafka. Gli anni delle decisioni, l’opera di Reiner Stach, tradotta e pubblicata ora dal Saggiatore a cura di Mauro Nervi. È la più grande biografia di Kafka, racconta Wlodek Goldkorn su Repubblica.