SHAVOUT – Noemi Di Segni (UCEI): Un dono antico ma attualissimo

Pubblichiamo una riflessione della presidente UCEI Noemi Di Segni sulla festa di Shavuot

Ci avviamo tra poche ore alla celebrazione di Shavuot, terza e ultime tra le feste solenni (durante le quali ci si recava in pellegrinaggio a Gerusalemme), di questo anno segnato, a partire dal 7 ottobre, dagli orrori del terrorismo e della guerra subita, che ha travolto Israele e le Comunità ebraiche in tutto il mondo. Un tracciato di nomi tra vittime, dispersi, ostaggi, famiglie disperate, feriti, soldati ed eroi civili conosciuti e quelli senza volto per silenzio di missione o per modestia, che ci ha condotto dalla festa di Simchat Torà nella quale si celebra il completamento delle letture della Torà e, quindi, del contenuto delle scritture, alla festa che statuisce la consegna al popolo ebraico delle Tavole della Legge e dei precetti, e che quest’anno assume una nuova e profonda dimensione esistenziale rispetto al significato di essere ebrei e del legame con la terra.
Il momento in cui l’intero popolo ebraico assiste convocato, purificato e radunato alla trasmissione della Torà è descritto anche come momento di tuoni, fumi che annunciano la presenza di D-o in mezzo al popolo, momento di massima sacralità. Il contrario esatto è avvenuto a Simchat Torà, quando fiamme e tuoni di armi hanno invaso Israele, senza che nessuno fosse preparato. La dissacrazione di qualsiasi valore, essere umano e di quanto costruito e investito.
La liberazione dall’Egitto e la fine della schiavitù riguardano la dimensione esistenziale fisica, il sentirsi parte di una discendenza-collettività accomunata da un destino, grazie all’impegno dei suoi leader, ma è solo con il ricevimento della Torà che il popolo riceve “istruzioni” per articolare assetti della vita pubblica, privata, istituzionale, amministrativa del governo e della giustizia. A quell’evento avvenuto circa nel 14 secolo A.e.v. (2.448 dalla creazione del mondo), ai piedi del Monte Sinai, erano presenti, secondo la tradizione, anche le anime di tutte le generazioni future. Penso che ogni ebreo esprima un legame con questo momento così intenso, di come vive e trasmette ai propri figli e nipoti l’essenza e il destino di essere popolo ebraico. La consegna della Torà non è stata solo un atto che riguarda il popolo ebraico e le sue “strane usanze” e “fissazioni”. È stata una rivoluzione che, oltre al fondamento del monoteismo e al rapporto con la divinità, raccoglie e sistema altri ambiti delle relazioni umane e diventa sistema. Le altre religioni monoteiste – in particolare cristianesimo e Islam – non esisterebbero senza i fondamenti ebraici e senza la Bibbia divenuta patrimonio dell’intera umanità.
Il Libro dei libri. Oggi la sfida, abbinata al dolore e alla preoccupazione grave, è quella di fare riconoscere non solo il bene che l’ebraismo ha donato al mondo intero, ma arginare ogni abuso e strumentalizzazione della fede e delle sue fonti per giustificare la cultura della morte e del terrore. Noi risponderemo sempre con la cultura della vita. Nonostante il dolore e le persecuzioni ci rialzeremo in piedi e continueremo a far germogliare e fiorire ogni palmo della nostra Terra.
15 anni fa entrava in vigore il Trattato di Lisbona nel quale ci si era posti l’obiettivo di rendere l’Ue più democratica, efficiente e preparata ad affrontare i problemi di portata mondiale, e di farla parlare con un’unica voce anche con l’istituzione dell’Alto rappresentante per gli affari esteri. Non sono 15 secoli di precetti e cardini di fede biblica, ma 15 anni che dovevano rafforzare quanto sognato nel Dopoguerra. Oggi, con un nuovo Parlamento europeo appena eletto, il nostro appello è per l’affermazione di uno spazio che sia di vera vita e libertà, anche religiosa, per il varo di un testo costituzionale che possa reggere le sfide esistenziali e affrontare minacce e l’implosione del sistema dei valori. Che non sia solo l’Europa della finanza e dell’economia, ma anche il saper convivere, accogliere e integrare accettando quei principi fondamentali che riguardano vita e dignità degli uomini, delle donne, dei bambini. A ribadire e rafforzare il ruolo di organizzazioni internazionali nelle quali l’Europa libera e capace di costruire recupera peso e voce rispetto agli appelli per l’annientamento di Israele e degli ebrei. Oggi la regressione di queste organizzazioni è tale che i testi di risoluzioni e iniziative respirano odio, lontani da ogni sacralità della verità e della vita – comandate dalla nostra Bibbia condivisa.
Chiudo questa riflessione con una dedica ad Amiram Cooper z.l., uno degli ostaggi il cui corpo è stato recuperato due settimane fa, con una coraggiosa azione dell’esercito israeliano, assieme ad altri tre ostaggi suoi compagni, assassinati dai terroristi dell’unità Nukhba di Hamas. Tra i fondatori del Kibuz Nir Oz, oltre ad essere esperto e sapiente agricoltore Cooper, che aveva 84 anni, era conosciuto anche per le sue poesie e la sua scrittura che esprime una profonda conoscenza della lingua biblica. Una delle sue più note canzoni, Shibolei Paz (Le spighe d’oro), è dedicata proprio alla festa di Shavuot di cui riportiamo un link sia al testo sia alla versione cantata dal notissimo coro dei Ghevatron. La poesia descrive come il grano e l’orzo sono carichi e maturi per la mietitura, com’è giunta la stagione per andare a raccogliere quanto seminato e la prodezza dei ragazzi e le ragazze.
Quest’anno, dopo i tragici orrori del 7 ottobre, la mietitura nei campi e il raccolto di molti frutti nella striscia degli insediamenti ebraici che avvolge Gaza sono stati possibili grazie all’ineguagliabile impegno di migliaia di volontari, giunti da ogni parte di Israele e del mondo per dare supporto di spirito e di mani al faticoso lavoro. Il legame con la terra, respirandola come ossigeno di speranza, è l’affermazione di questa festa tramandata non solo come ricordo di un evento fissato nella storia, ma come imperativo di vita pieno e fecondo accolto in tutte le realtà che compongono Israele e il nostro popolo. Sono fiduciosa che cantando questa ed altri canti e canzoni con i bambini, primizie della nostra vita che va avanti, troveremo forza e coraggio per affrontare anche le prossime giornate e sfide, nelle famiglie e nelle case da nord a sud di Israele nella speranza che presto tornino al sicuro al loro palmo di terra.

Noemi Di Segni, Presidente UCEI