ISRAELE – Hezbollah attacca il nord, Gallant respinge negoziato francese
Per il terzo giorno consecutivo Hezbollah ha lanciato raffiche di missili e droni contro Israele. Nelle ultime ore, il gruppo terroristico ne ha sparati una trentina contro la città di Kiryat Shmona, a tre chilometri dal confine con il Libano. Non ci sono stati feriti, ma l’intensificarsi degli attacchi può portare a una nuova fase dello scontro.
Dai comandi di Tsahal, riporta il canale N12, il suggerimento alla politica è di concentrarsi ora sul fronte nord e chiudere quanto prima il capitolo Rafah, nel sud di Gaza. La strada preferenziale rimane quella diplomatica, ha avvertito il generale Ori Gordin, comandante del Comando settentrionale dell’esercito. Rivolto a un gruppo di residenti del nord, Gordin ha dichiarato che «col senno di poi avrei evitato di evacuare città come Ya’ara, Betzet e Liman. Il più grande successo di Hezbollah è il fatto che ci siano decine di migliaia di evacuati dal nord di Israele».
Al comandante i residenti hanno chiesto di cambiare il protocollo di difesa e intervenire con maggiore forza oltreconfine. Ma per Gordin, scrive ynet, bisogna per il momento affidarsi ai negoziati. Non a quelli promossi da Parigi però, ha chiarito il ministro della Difesa Yoav Gallant. «Israele non parteciperà al quadro trilaterale proposto dalla Francia», ha dichiarato il ministro replicando a 24 ore di distanza all’annuncio di Emmanuel Macron a riguardo. Dal G7 italiano il presidente francese aveva parlato di un «accordo con gli Stati Uniti per un trilaterale con Israele e con le autorità libanesi».
Ma da Gerusalemme l’opzione è stata respinta puntando il dito contro Parigi. «Mentre combattiamo una guerra giusta, difendendo il nostro popolo, la Francia ha adottato politiche ostili contro Israele», ha scritto Gallant in una nota. «Così facendo la Francia ignora le atrocità commesse da Hamas contro bambini, donne e uomini israeliani».
Le dure dichiarazioni del ministro arrivano dopo la recente decisione francese di escludere le aziende israeliane dalla fiera annuale dell’industria delle armi e della difesa Eurosatory, in programma il mese prossimo a Villepinte, vicino a Parigi. La diplomazia di Gerusalemme non ha inoltre gradito la scelta dell’Eliseo di non criticare le richieste di Hamas nei negoziati in corso per il rilascio degli ostaggi.
Sulle trattative con il movimento terroristico tutto è di nuovo fermo. «Non ho perso la speranza, ma sarà dura», ha affermato il presidente Usa Joe Biden, anche lui in Italia per il G7. «Ho presentato un’iniziativa approvata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, dal G7, dagli israeliani, e il più grande ostacolo finora è Hamas che si rifiuta di firmare», ha chiarito Biden. Nel mentre non rassicurano le parole di Osama Hamdan, alto rappresentante del gruppo terroristico palestinese. Intervistato dalla Cnn, ha sostenuto che «nessuno ha idea» di quanti dei 120 ostaggi a Gaza siano ancora vivi. Secondo le informazioni di Tsahal almeno 30 sono morti. Nell’intervista Hamdan ha inoltre provato a negare le torture e i soprusi raccontati dai rapiti liberati.
Tra le testimonianze più recente c’è quella di Noa Argamani, liberata l’8 giugno in un’operazione di Tsahal. «Noa ha detto che erano schiave, e lo erano anche le soldatesse, compresa Liri», ha raccontato Shira Albag, madre di Liri, soldatessa di 19 anni rapita il 7 ottobre. «Pulivano il cortile, lavavano i piatti e preparavano cibo» per i loro aguzzini