DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 25 giuno 2024
Si avvia verso la fine la campagna militare israeliana a Rafah e l’attenzione ora si sposta verso nord, nello scontro con Hezbollah, raccontano il Corriere della Sera e Repubblica, citando il discorso alla Knesset del premier Benjamin Netanyahu. Davanti ai parlamentari israeliani, Netanyahu ha anche parlato dei negoziati per il rilascio dei rapiti, ribadendo l’impegno ad attuare il piano di pace in tre fasi presentato un mese fa dal presidente Usa Joe Biden. Una correzione di tiro, scrive il Corriere, dopo una dichiarazione precedente a favore di un non precisato «accordo parziale» sugli ostaggi, fortemente contestato dai parenti dei rapiti.
Nel caso di guerra aperta con Hezbollah, nei primi dieci giorni Israele potrebbe essere colpita da tremila lanci al giorno di missili, razzi e colpi di mortaio. E se la guerra continuasse, nei successivi due mesi i terroristi libanesi sono in grado di effettuare mille attacchi quotidiani oltreconfine. Sono i numeri presentati a Repubblica dal centro di ricerca Alma, specializzato in analisi sul Medio Oriente. Hezbollah, si legge, ha la capacità di bucare le difese israeliane e una guerra aperta avrebbe conseguenze molto più gravi di quella in corso con Hamas.
Gli Usa, sottolinea il Giornale, sono preoccupati per l’escalation con il Libano e avvertono Gerusalemme del rischio di un ulteriore coinvolgimento del nemico iraniano al fianco di Hezbollah. Anche in Europa, riferisce il Sole 24 Ore, crescono i timori.
Della situazione sul confine settentrionale il ministro della Difesa Yoav Gallant, in missione a Washington, ha discusso con i rappresentanti delle Casa Bianca. Oltre a definire le strategie per il nord e ottenere il sostegno Usa, Gallant, riporta Repubblica, ha in agenda anche il futuro di Gaza. Per l’amministrazione Biden il governo israeliano deve fare di più a riguardo, scrive La Stampa, e ribadisce la sua contrarietà a una occupazione israeliana di Gaza, sostenendo un’amministrazione palestinese nell’enclave.
Dalla coscrizione obbligatoria per gli studenti delle scuole religiose alla gestione del conflitto a Gaza, in Israele sono tornati ad acuirsi gli scontri politici e istituzionali, scrive Davide Assael su Domani. Alla base delle divisioni, sostiene Assael, la contrapposizione tra «due parti che appaiono inconciliabili: da un lato una galassia tradizionalista-ortodossa, in cui gioca un ruolo sempre più rilevante una componente messianica, e una legata agli ideali liberali e ai movimenti di emancipazione europei, che la stessa cultura ebraica ha contribuito a fondare e sviluppare».
«Non hanno mai pensato che Hamas è un barbaro oppressore dei palestinesi queer?». È la replica del deputato democratico Ritchie Torres, primo afro-latino apertamente gay eletto nel Congresso Usa, ai movimenti Lgbt che sfilano con le bandiere palestinesi. Torres è un sostenitore d’Israele, racconta il Foglio.
Domenica prossima si vota in Francia per le elezioni parlamentari anticipate. Il Giornale si concentra sul programma presentato da Jordan Bardella, che guida insieme a Marine Le Pen il Rassemblement national (Rn). «Stretta sugli immigrati, incarichi strategici solo ai francesi, a scuola in divisa e senza telefonini», alcuni punti citati dal quotidiano. In politica estera, Bardella non ha escluso il sì a uno stato palestinese, ma «in questo momento equivarrebbe a riconoscere il terrorismo, darebbe legittimazione politica a un’organizzazione che prevede la distruzione dello Stato di Israele». Il candidato del Rn, scrive il Giornale, così «strizza l’occhio alla comunità ebraica a sei giorni dalla prima tornata».
Sono venti le vittime degli attacchi di domenica sera contro chiese, sinagoghe e stazioni di polizia in Daghestan. Non ci sono ancora state rivendicazioni, ma, spiega Repubblica, la pista più probabile è il terrorismo dello Stato islamico (Isis). I sei attentatori sono stati uccisi, tre erano figli di importanti funzionari locali, dimostrazione, aggiunge il Sole 24 Ore, di come l’islamismo in Daghestan permei diverse fasce sociali. Da Mosca però si cerca di incolpare l’Ucraina per chiari motivi di propaganda, racconta il Foglio. Il presidente Vladimir Putin da tempo ignora il rafforzamento del terrorismo islamista all’interno dei confini russi, spiega il quotidiano, «con un gioco delle colpe che fa danno soltanto al suo paese».
«Come socie/soci/clienti Coop ci impegniamo a non acquistare prodotti provenienti da aziende israeliane, a informare altri e incoraggiare consumatori e consumatrici a non acquistare prodotti israeliani». Così si legge in un manifesto fatto circolare all’interno dei supermercati Coop. «E la stella gialla sulla merce, quando?», si chiede il Foglio.