LA CRITICA – Davide Assael: L’antisemitismo fa schifo. Tutto.

Le recenti intercettazioni antisemite emerse dall’inchiesta di Fanpage hanno suscitato l’inevitabile reazione del mondo ebraico. A mio giudizio persino tardiva. Non solo perché analoghe oscenità erano emerse dalla prima tranche dell’inchiesta, ma anche perché cimeli del duce, divise naziste indossate come fossero costumi da cosplay, saluti romani sono cose note da tempo e non certo nella base del partito. Tante volte si sono invocati autorevoli esponenti dell’ebraismo italiano, che non fanno mistero dell’amicizia con la destra nostrana, a prendere posizione di fronte a quanto, in modo ciclico ma costante, la cronaca offriva. Era così ai tempi del berlusconismo che ha intruppato di tutto e di più; nel periodo (breve) dello splendore salviniano e delle sue manifestazioni con Casa Pound; è così ora con i vari La Russa (entrambi) e Santanché. Questa volta, però, si è davvero passato il segno. Sono, così, arrivate le parole senza ambiguità del Presidente della Comunità ebraica romana Victor Fadlun attraverso X (fu Twitter), poi quelle allarmate di Liliana Segre ed infine ha fatto sentire la sua voce Riccardo Pacifici, che, però, ha precisato quanto, «L’ignoranza di quattro deficienti di Gioventù nazionale, peraltro confinati in un sistema di leggi costruite ad hoc, mi fa meno paura del rischio di sopravvivenza dello Stato di Israele e dell’odio antiebraico a prescindere che vedo a sinistra». Personalmente sono scettico sul proporre classifiche di antisemitismo perché credo che, per usare una metafora, tutte le strade portino a Roma. Se è vero che le due forme di odio antiebraico siano per molti versi di segno opposto, quello di sinistra direttamente figlio dell’antigiudaismo dagli sguardi universalistici occidentali (cristianesimo, illuminismo, bolscevismo) da sempre insofferenti verso la specificità ebraica quello di destra di pura matrice razziale, le ho sempre pensate come vasi comunicanti. Al risvegliarsi dell’uno, si risveglia anche l’altro.

Dal governo, allo stato, al popolo
Come ben vediamo in questi mesi attraversati dalla tragica guerra a Gaza scatenata dall’efferato pogrom di Hamas, si passa in men che non si dica dalla critica al governo a quella dello Stato tutto, fino alla condanna di un intero popolo. Tra l’altro svolta attraverso i peggiori stereotipi della propaganda antigiudaica di tutti i tempi. Dallo stigma teologico degli ebrei chiusi in se stessi e insensibili alle sorti degli altri, fino a dipingerli come vendicativi. Manca solo l’idea dell’ebreo assetato del sangue dei bambini e il repertorio è al completo. Ma, a ben vedere, c’è anche quello nello pseudo dibattito odierno. Di questo odio risvegliato ad arte da gruppi di propaganda organizzata si impossessano poi le destre estreme, che possono legittimarlo fino in fondo proprio introducendo la matrice razziale. L’israeliano viene accantonato per lasciare definitivamente spazio all’ebreo. Un tragitto che, tra l’altro, fa capire quanto idiota sia la propaganda progressista, che spiana la strada ai propri peggiori nemici. Inutile tentare di spiegarlo a chi si sente depositario di una giustizia universale a difesa dei popoli oppressi, storicamente tradottasi in un diabolico strumento imperialista. Quello sì genocidiario, ma per davvero. Come si dice, anche se non serve a niente, non possiamo esimerci dal farlo. Insomma, attenzione a sottovalutare una forma di antisemitismo a vantaggio dell’altra, magari derubricandola all’ignoranza di quattro deficienti.

Difendere i diritti degli ebrei, difendere Israele
L’incontro fra due opposti è già stato ampiamente provato almeno su un terreno riproposto costantemente dalla propaganda di destra: l’abolizione della macellazione rituale. Chiaro che la destra di Wilders, Le Pen, Salvini, solo per citare chi ne ha fatto esplicitamente argomento da campagna elettorale, abbia sostenuto l’idea per cavalcare l’islamofobia galoppante in questi anni che porta voti alle urne, ma di fronte all’opportunità di abbandonare l’argomento per qualche migliaio di voti ebraici, non ci hanno pensato un secondo su cosa fare. Contano di più i milioni di voti che si possono ottenere con l’odio per lo straniero. Ancor di più se risveglia gli incubi delle battaglie di Vienna o di Lepanto. Vedere Olanda 2009. La difesa di Israele come Stato ebraico, ben diversa dall’identificazione con un governo come vuole la propaganda antisemita, non è importante, è decisiva. Semplicemente perché è la difesa ad un sacrosanto diritto all’autodeterminazione concesso a tutti tranne al popolo ebraico. E si difende da lontano, già dal presidio della diaspora, dove sorgono le pulsioni antisemite. Su questo non possono essere ammessi sconti per amici dell’una o dell’altra parte. Perché, come dice il mio maestro Haim Baharier, non esistono ebrei, siamo tutti israeliti accomunati da un medesimo destino.

Davide Assael