DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 2 luglio 2024

«I giovani FdI? Peggio le piazze antisemite» titola la Stampa, sintetizzando il pensiero del ministro Matteo Piantedosi in un’intervista a SkyTg24. «I comportamenti pericolosi non si sono evidenziati da quel gruppo giovanile, ma da ben altri», ha dichiarato Piantendosi in riferimento ai giovani di Fratelli d’Italia coinvolti in un’inchiesta su antisemitismo e saluti nazisti. «Mi preoccupa quello che talvolta è emerso nelle piazze: gli incendi alle bandiere di Israele, l’assalto alla Brigata ebraica il 25 aprile, tutte cose dal punto di vista operativo, concreto, molto più pericolose che non sono state poste in essere da quel gruppo giovanile».

Per la storica Anna Foa, intervistata da La Stampa sul caso Fratelli d’Italia: «Far passare questi ed altri episodi simili come sciocchezze, piccoli residui di idee non è la soluzione». «Ci vorrebbe una grande revisione culturale e politica, quella che ebbe il coraggio di fare Gianfranco Fini e che gli costò la guida del suo partito». «Ci vogliono parole chiare da parte del governo» conclude la storica, non solo contro l’antisemitismo, ma «contro ogni forma di razzismo». Sulla questione il Giornale intervista Vittorio Pavoncello, presidente della Federazione italiana Maccabi, che afferma di temere di più la sinistra che manifesta contro Israele «piuttosto di quattro ragazzini scemi della gioventù meloniana che sono già stati cacciati dai loro capi».

«A modo suo, è una disputa appassionante: chi, fra te e me, è più antisemita?» ironizza su La Stampa Mattia Feltri nella discussione tra destra e sinistra sull’antisemitismo. «Nessuno dei contendenti si soffermi a valutare il proprio, illustra bene la situazione: né all’uno né all’altro importa più di tanto il ritorno in grande stile dell’odio per gli ebrei, importa soltanto che sia un odio addebitato al nemico, così da trarne qualche vantaggio», scrive Feltri. Su Repubblica Luigi Manconi si chiede: «Una classe politica degna di questo nome dovrebbe assumersi la responsabilità di combattere qualsiasi forma di intolleranza (etnica, religiosa, politica…) rinunciando alla asfittica tentazione dell’Eterna Ripicca: e allora voi? E allora quelli?».

Il mondo ebraico francese è un emblema del dilemma che vivranno gli elettori moderati nel secondo turno delle legislative francesi, scrive il Foglio. «Dovranno scegliere tra una sinistra guidata da un anti-israeliano come Jean-Luc Mèlenchon (definito pochi giorni fa dallo stesso presidente Emanuel Macron come un antisemita impenitente e un pericolo mortale per la democrazie l’economia francesi) e un Front national che fatica a nascondere le sue ascendenze di tipo fascista».

In un reportage tra Tel Aviv e il Negev, il Sole 24 Ore racconta la situazione dell’high tech israeliano dopo il 7 ottobre. «Circa il 15-20 per cento dei lavoratori del settore tecnologico è stato arruolato nel primo mese di guerra interrompendo così le normali operazioni commerciali e portando a un forte calo delle nuove opportunità di business, anche se la situazione si è normalizzata in fretta», spiega il quotidiano. «Il periodo congiunturale non è certo dei migliori, a soffrire maggiormente sono gli investimenti esteri», sottolinea al Sole Astorre Modena, manager di un fondo di investimenti israeliano. D’altra parte, aggiunge Modena, «dopo il 7 ottobre c’è stata una grande mobilitazione con tante aziende dell’hi-tech che si sono trasformate in piattaforme logistiche per aiutare e sostenere gli sfollati e ad aiutare le famiglie dei rapiti».

È stato liberato, dopo sette mesi, Mohammed Abu Salmiya, il direttore dell’ospedale Al Shifa di Gaza. Un rilascio, deciso dallo Shin Bet, che ha scatenato polemiche in Israele. Il ministro della Sicurezza pubblica Itamar Ben Gvir ha chiesto le dimissioni del direttore dell’agenzia di intelligence. Il premier Benjamin Netanyahu ha dichiarato di non essere stato informato e annunciato un’inchiesta (Giornale). Il Foglio definisce il caso un «disastro comunicativo di un governo le cui anime non possono stare più insieme, in cui il primo ministro per sopravvivere politicamente si fa strattonare dall’una e dall’altra parte e alla fine un paese in guerra e attaccato da ogni lato si trova a non potersi fidare più neppure di se stesso».

Al Pride in Italia e in altri paesi occidentali i gruppi ebraici LGBTQ+ hanno deciso di non partecipare «nel timore di essere contestati e persino aggrediti durante la parata», ricorda sul Foglio Ivan Scalfarotto. «Non è solo paradossale, è assolutamente inaccettabile», denuncia il senatore di Italia Viva.