DAFDAF ESTATE – Di sabato non manca nulla
Come abbiamo ricordato domenica scorsa, nell’estate del 2011, la prima di DafDaf, il giornale ebraico dei bambini sperimentava contenuti forse un poco più leggeri, adatti alle vacanze. La scelta, allora, fu di dedicare tre numeri speciali alle prime tre lettere dell’alfabeto, che comparivano in copertina grazie all’arte di Luisa Valenti. In corrispondenza con la alef la redazione aveva iniziato ad approfittare della competenza e della generosità di Nedelia Tedeschi z.l., cui ancora adesso è dedicato ogni numero di DafDaf. Nedelia, che era stata l’anima e il cuore de Il giornale PER NOI, ci aveva suggerito di ripubblicare le storie di Giacoma Limentani, illustrate da Emanuele Luzzati, e dopo “L’ottimismo premiato”, comparso nel numero 10, avevamo scelto “Di sabato non manca nulla”.
Nonostante siano passati tredici anni e nonostante la nostalgia per un periodo ricco di esperimenti, progetti e sogni il racconto e le illustrazioni sapranno certamente ancora toccare i cuori.
Buona lettura!
a.t.
Di sabato non manca nulla
C’è chi dice:
– Il Sabato è il giorno in cui gli ebrei non lavorano.
E c’è chi dice:
– Di Sabato non si può fare niente di niente.
E qualcuno dice ancora:
– Il Sabato bisogna riposare perché il settimo giorno Dio si è riposato.
Ma c’è pure chi dice:
– Il Sabato è il giorno in cui Dio ha smesso di creare. In sei giorni ha creato il mondo e il settimo è rimasto con le mani in mano.
In tutte queste cose che dice la gente c’è un briciolo di verità, ma non la verità completa. Quanto poi all’idea che Dio il settimo giorno abbia smesso di creare, è una pura fantasia, la più folle, la più insensata. Il settimo giorno Dio creò ancora, e come! Creò il riposo e il canto, la gioia e la possibilità di vivere senza affannarsi dietro alle beghe quotidiane, la serenità e la pace. Il Sabato Dio creò, per gli uomini, la possibilità di essere veramente se stessi. Ma che dico, non solo per gli uomini. Per tutto il creato. Anche gli animali e le piante sentono il Sabato e lo festeggiano a modo loro.
Adamo si accorse che era Sabato proprio vedendo ciò che gli accadeva intorno. Improvvisamente una sera tutti gli alberi del paradiso terrestre si misero a stormire, e i fiori a profumare più intensamente del solito abbandonando le corolle al ritmo di un vento nuovo e dolcissimo. E gli animali della terra, dai più grandi ai più piccoli, dai più feroci ai più mansueti, cominciarono a fare grandi salti, come se ballassero, mentre gli uccelli cinguettavano a tutto spiano.
Adamo senti profondamente la gioia del settimo giorno e per esprimerla intonò un canto di lode al Sabato. L’Eterno lo udì e gli disse:
– Come mai canti le lodi del Sabato e non canti le lodi del Dio del Sabato?
Adamo che con un occhio poteva vedere il paradiso celeste, rispose:
– Eterno benedetto, come posso azzardarmi a cantare le Tue lodi oggi, se gli angeli che le cantano ogni giorno della settimana, proprio oggi tacciono?
E infatti gli angeli non cantavano, perché gli angeli di Sabato non cantano, non possono cantare. Per questo loro silenzio sabbatico c’è un motivo e anch’esso risale ai giorni della Creazione.
Quando creò gli angeli, Dio fece loro sei ali, ognuna delle quali corrisponde a un giorno della settimana così che in quel giorno quell’ala possa cantare le Sue lodi. Gli angeli non hanno la settima ala perché, come Dio spiegò ad Adamo:
– Gli angeli oggi non cantano per poter ascoltare il canto del Sabato, un canto che pervade il creato e riempie la gola di tutte le creature.
E infatti Adamo, che con un occhio continuava a contemplare il paradiso celeste, in quel momento vide il Sabato alzarsi dal suo seggio. Avvolto nel suo manto di gioia, il Sabato si prostrò ai piedi del trono dell’Eterno e disse:
– È bello esprimere gratitudine all’Eterno che ci ha creati, – e intonò un canto meraviglioso che costrinse anche Adamo a cantare:
« Dio ha vestito di bellezza il giorno del riposo
Dio ha chiamato il Sabato una delizia»!
Ma per sentire la maestà del Sabato non occorre essere come Adamo, che finché viveva nel paradiso terrestre poteva sempre contemplare con un occhio il paradiso celeste.
Una volta un rabbino venne imprigionato in una cella dove non entrava il minimo raggio di luce e dove non poteva accorgersi dell’alternarsi del giorno e della notte. Il rabbino era molto triste perché così non poteva contare i giorni e temeva di non accorgersi dell’arrivo del Sabato per poterlo festeggiare degnamente cantando le lodi dell’Eterno. Il rabbino era anche un accanito fumatore e soffriva perché non aveva con sé neppure un sigaro. Ma ecco che tutto a un tratto il bisogno di fumare lo lasciò e il rabbino capì che era arrivato il venerdì sera.
– Ecco il Sabato, lo riconosco, – disse fra sé. – Solo di Sabato non provo mai desiderio per le cose inutili.
Si alzò, ringraziò l’Eterno, benedisse il Sabato e dimenticò di essere in prigione.
Finche il Sabato creerà la nostra delizia, avremo sempre un angolo del cuore pieno di pace anche negli altri giorni della settimana e potremo cantare come è scritto: « l’Eterno è il mio pastore non mi mancherà mai nulla».