DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 24 luglio 2024
È il giorno dell’atteso intervento al Congresso Usa del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. «L’eterno Netanyahu nell’America lacerata», titola La Stampa, sottolineando la volontà di Bibi di essere «ancora al governo fra sei mesi» a prescindere da chi sarà eletto alla Casa Bianca. Per arrivarci, si legge, «ha bisogno di guadagnare tempo, passare incolume fra ovazioni del Congresso e pressioni dell’amministrazione per la tregua con Hamas, fare acrobazie fra presidente in carica, sua vice e neocandidata democratica, ex-presidente repubblicano in corsa per il ritorno». A Washington sono attese anche manifestazioni di protesta. Il viaggio di Netanyahu è visto d’altronde «con grande ostilità da tutte le organizzazioni che negli ultimi mesi hanno guidato la campagna anti-Israele», racconta il Corriere della Sera. In prima linea nella mobilitazione contro lo Stato ebraico ci sono «studenti e associazioni di arabi-americani che hanno creato un clima esplosivo nelle università e nelle strade d’America».
Il filosofo politico Michael Walzer, in una intervista con il Corriere della Sera, definisce Joe Biden «un mensch, che in yiddish vuol dire un uomo con la U maiuscola, retto e coraggioso, d’integrità e onore». Positivo il suo bilancio sull’operato del presidente uscente: «Si è impegnato negli obiettivi della socialdemocrazia più di ogni altro presidente dai tempi di Franklin Delano Roosevelt». Come ebreo americano, prosegue Walzer, «ricorderò che dopo il 7 ottobre Joe Biden non si è impappinato, sapeva esattamente cosa dire e lo ha detto bene». Da allora però c’è stato un declino fisico evidente e il suo passo indietro è stato inevitabile, sostiene il politologo, secondo il quale in caso di vittoria la candidata democratica Kamala Harris «rispetterà la sua eredità politica» e non verrà meno «l’appoggio per la sicurezza dello Stato ebraico». Lo sostiene anche il Foglio in un’analisi sui rapporti tra Washington e Gerusalemme. Kamala Harris «non è un volto del sostegno a Israele quanto Biden», si legge, «ma difficilmente ha intenzione di distanziarsi dalla linea tenuta finora dall’Amministrazione di cui fa parte».
Repubblica intervista il regista israeliano Amos Gitai, protagonista alla Mostra del Cinema di Venezia con il suo nuovo film “Why War” sul carteggio tra Albert Einstein e Sigmund Freud, pubblicato nel 1933 in un’Europa ormai prossima al baratro. «Non siamo condannati alla guerra e alla violenza, anzi. Ma è vero che è la soluzione più facile e allo stesso tempo la più terribile», afferma Gitai. «Quando mi sono occupato dell’assassinio di Rabin, questo era già il nocciolo di ciò che cercavo di capire».
«Il conflitto in corso ha trasformato le vite dei civili in un vero inferno, con continue minacce alla sicurezza», sostiene il sindaco di Gaza Yahya al-Sarraj parlando con il Sole 24 Ore.
Sale l’allerta per la cerimonia inaugurale dei Giochi olimpici di Parigi. Italia e Israele saranno sulla stessa barca, dove saliranno anche «agenti del Mossad», mentre sullo sfondo «è stato attivato un piano sicurezza senza precedenti con 45mila tra poliziotti e gendarmi, 10mila soldati, 2mila poliziotti comunali, 2mila agenti di sicurezza privati, oltre che tiratori scelti sui tetti, i reparti speciali e unità anti-drone» (Gazzetta dello Sport).
Secondo il presidente del Senato Ignazio La Russa, il cronista della Stampa pestato dai fascisti di CasaPound avrebbe dovuto qualificarsi come giornalista. Parole irricevibili per il quotidiano, che stigmatizza: «Certo, anche Ignazio La Russa “condanna”. Peccato solo che quel “però” aggiunto subito dopo sembra quasi ribaltare i ruoli di questa storiaccia». La Russa ha anche dichiarato: «Un giornalista ha detto che non si gioca a calcio con i fascisti, si chiama Berizzi. Io non giocherei a calcio con Berizzi, siamo pari». Gli risponde in una nota il comitato di redazione di Repubblica: «Alla seconda carica dello Stato ricordiamo che Berizzi da anni vive sotto scorta a causa delle minacce subite dagli ambienti dell’estrema destra italiana». Per il cdr di Repubblica, «ironizzare su un giornalista sotto tutela per queste ragioni qualifica La Russa e dimostra per l’ennesima volta le inquietanti commistioni ideologiche tra neofascisti e i vertici politici e istituzionali del nostro Paese».