TISHA BE AV – Perché è “un giorno di festa”
Tra gli usi liturgici di Tisha Be Av, c’è quello di omettere il Tachanun, la formula di supplica e richiesta di perdono che recitiamo ogni giorno a Shachrit e a Minchà. Il Tachanun, generalmente, si omette di Shabbat, Rosh Chodesh e nelle feste, in sostanza, nei giorni in cui si esprime gioia e in cui sarebbe inappropriato pensare ai peccati e al loro perdono. Perché, allora, non si recita il Tachanun di Tisha Be Av, giorno nient’affatto gioioso e dove, queste preghiere, sono tutt’altro che inappropriate? Nella Meghillà di Ekhà – il libro delle Lamentazioni – è scritto: “Ha convocato contro di me una gran radunanza (Mo‘ed/giorno di festa solenne), per schiacciare i miei giovani” (Lamentazioni 1:15). Da questo verso, i maestri del Talmud spiegano che Tisha Be Av è un Mo‘ed (come Pesach, Sukkot ecc.) e per questo le preghiere di supplica non vanno recitate.
“Ekhà/Come mai”, il 9 di Av è definito Mo‘ed? È il giorno più triste dell’anno, in cui ricordiamo la distruzione del Tempio di Gerusalemme e l’inizio dell’ultima diaspora. Cosa ci può essere di “festivo” in questo giorno?
La risposta a questa domanda si può trovare, forse, nella parola Mo‘ed la cui radice, “Va‘ad”, significa “incontrare”. Il Mishkan, il Tabernacolo del deserto, era chiamato Ohel Mo‘ed/la tenda dell’incontro, perché i figli d’Israele lì incontravano il Signore. Le festività comandate dalla Torà sono chiamate “Mo‘adim” e sono appuntamenti speciali in cui il Signore viene a incontrarci. I Mo‘adim, e lo Shabbat per eccellenza, ci liberano dalla nostra routine quotidiana, dai nostri obblighi materiali, così da potere incontrare il Signore e usare quel tempo per costruire il nostro rapporto con Lui.
Per cogliere meglio il perché Tisha Be Av sia equiparato ad una festa solenne in cui non si recita il Tachanun, possiamo usare questa analogia.
Una grande azienda, da anni presenta bilanci con pochi ricavi e ingenti perdite. L’amministratore delegato convoca i dipendenti che temono di essere licenziati o che la società dichiari fallimento. Durante la riunione, tutti vengono rimproverati e tutti si aspettano il peggio. Ma per quanto sia stato pesante il prima e il durante della riunione, alla fine tutti i dipendenti escono felici. Nessuno è stato licenziato, anzi, l’amministratore delegato ha assicurato a tutti che confida ancora nelle loro capacità per far riprendere l’azienda.
Lo stesso può dirsi di Tisha Be Av. Una “riunione” molto difficile con il Signore, a cui tutti siamo convocati e alla quale partecipiamo stando in lutto. Digiuniamo, preghiamo, leggiamo le Qinot (poesie elegiache) e il libro delle Lamentazioni, atti che rappresentano una sorta di rimprovero che ci aiuta a riflettere sui gravi errori che hanno portato a questa disgrazia.
Come per quei dipendenti, lo scopo di questo incontro con il Signore non è quello di farci sentire “licenziati” ma di “rinfrancarci”,hiederci di fare di più e meglio e, soprattutto, correggere ciò che è sbagliato per salvare la “nostra azienda”.
Ecco perché Tisha Beav è un “Mo‘ed” in cui non si recita il Tachanun, perché anche se arriveremo tristi a quest’incontro, alla fine ne usciremo felici.
Trascorriamo dunque questo periodo di lutto, con la consapevolezza che all’appuntamento del 9 di Av, il Signore ci darà la Sua consolazione. Egli non desidera altro che un legame stretto con noi, così da instillarci la fiducia necessaria per diventare quella grande nazione che dovremmo essere.
Rav Adolfo Locci