DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 20 agosto 2024

A Gerusalemme il segretario di stato Usa Antony Blinken ha confermato di aver ottenuto il sì del premier Benjamin Netanyahu alla proposta di accordo per una tregua a Gaza in cambio del rilascio dei rapiti. «Ora tocca a Hamas», ha affermato Blinken. «Dopo le tante frizioni, c’è sintonia tra Israele e Stati Uniti», sottolinea il Corriere della Sera. Secondo la Stampa, il ruolo di mediatore degli Usa «è messo sempre più in discussione da Hamas e dai suoi sostenitori». Dall’altro lato, aggiunge il Foglio, i no del gruppo terroristico «fino ad ora non hanno però fermato i negoziati» che domani dovrebbero ripartire dal Cairo.

Intervistata dal Corriere la politologa israeliana Tamar Herman smentisce l’affermazione di Blinken secondo cui l’attuale negoziato è l’ultima chance per arrivare a un’intesa. «Sappiamo tutti che non è vero. Se fallisse, ci sarebbe presto un’altra tornata. Così è sempre stato nella storia delle trattative in Medio Oriente e non solo. Blinken sbaglia a usare queste parole da ultimatum, grida al lupo al lupo inutilmente e in questo modo scredita anche la sua mediazione».

Le forze di sicurezza israeliane sono preoccupate dal pericolo attentati, dopo il fallito attacco kamikaze a Tel Aviv rivendicato da Hamas e Jihad islamica. «Perché colpire mentre siamo nella fase più delicata di un negoziato tanto difficile? Perché la loro ideologia è questa. Colpire Israele. Sempre e comunque», spiega a Repubblica Michael Milshtein, responsabile degli Studi palestinesi al Moshe Dayan center. L’attentatore morto nell’esplosione veniva da Nablus, in Cisgiordania. Qui, scrive il Corriere citando Yedioth Ahornoth, ci sono «15 battaglioni palestinesi costituiti sul modello di quelli che operavano a Gaza».

«Mi dicevano che anche se fossimo tornati a casa, un giorno, ci avrebbero scovato di nuovo, tra due, tre anni. Che Israele ci aveva dimenticato, che il nostro esercito combattendo a Gaza stava uccidendo gli ostaggi». È la testimonianza a La Stampa di Louis Har, ostaggio liberato da Tsahal il 12 febbraio a Gaza. Al quotidiano Har ha raccontato i suoi 129 giorni di prigionia. «Quando c’era cibo, Louis preparava da mangiare per ostaggi e rapitori. Quando i suoi familiari erano sopraffatti dalla paura di morire, raccontava loro un futuro immaginato, le prossime vacanze, l’odore di un pranzo a casa».

Il giornalista israeliano Yossi Mellman su Repubblica scrive che «il destino degli ostaggi resta nelle mani del premier Netanyahu, che non è pronto all’intesa» perché «la fine della guerra o un cessate il fuoco a lungo termine sono per lui un certificato di morte politica».

È iniziata a Chicago la Convention democratica con un discorso del presidente Usa Joe Biden. «Un saluto amaro», sintetizza il Giornale, raccontando come per le strade di Chicago i manifestanti pro-palestinesi si siano organizzati per protestare contro la gestione del conflitto a Gaza da parte di Biden e la richiesta alla candidata democratica alla presidenza Kamala Harris di cambiare rotta. Secondo Repubblica i manifestanti «in piazza erano cinquemila, meno del previsto». Sul tema, il Sole 24 Ore sostiene che Harris, se dovesse vincere, non cambierà la politica mediorientale di Biden.

Davide Assael su Domani invita ad evitare «vecchi cliché sul conflitto fra laici buoni e religiosi oscurantisti per spiegare la situazione israeliana» e per capire il Medio Oriente.

«Nei Legami di Eshkol Nevo complessità umana e amore per Torino», spiega il presidente della Comunità ebraica torinese Dario Disegni a Repubblica, raccontando le sue impressioni sul libro dello scrittore israeliano. Nevo, aggiunge Disegni, sarà ospite a Torino il 15 settembre per la Giornata della Cultura ebraica.

Gli atleti israeliani di frisbee sono dichiarati personae non gratae in Belgio, dopo che le autorità di Gent li hanno esclusi da un torneo internazionale per «problemi di sicurezza», riporta il Foglio.