ISRAELE – «Salviamo gli altri ostaggi», l’appello di sei famiglie in lutto

La famiglia di Avraham Munder, 79 anni, sperava di poterlo riabbracciare. Nel 300esimo giorno del suo rapimento dal kibbutz Nir Oz, la figlia Keren gli aveva dedicato una canzone: Mi manchi papà di Arik Einstein. «Spero tu possa sentirla. Spesso tu possa tornare da me», l’appello pronunciato alla radio da Keren. Diciannove giorni dopo quella speranza si è infranta: la salma di Munder è stata recuperata dall’esercito in un tunnel di Khan Younis, nel sud di Gaza. Nella stessa operazione, sono stati riportati in Israele i corpi di altri cinque ostaggi: Alex Dancyg (75 anni), Yoram Metzger (80) e Chaim Peri (79) del kibbutz Nir Oz; Yagev Buchshtav (35 anni) e Nadav Popplewell (51) del kibbutz Nirim.
Tutti erano stati rapiti vivi dalle proprie case il 7 ottobre e sono morti durante la prigionia. Secondo il kibbutz Nir Oz, Munder «è stato assassinato da Hamas dopo aver subito torture fisiche e mentali per mesi a Gaza». Rapito insieme alla moglie Ruti, alla figlia Keren e al nipote, Ohad, di nove anni, non era con loro quando i tre sono stati liberati a novembre. «Noi non sapevamo nemmeno fosse stato catturato», ha raccontato il nipote all’emittente Kan. «Aveva preso una botta in testa e pensavamo fosse in ospedale». La sua morte, ha proseguito Ohad, «sarebbe potuta essere evitata. Ci sono continui contatti per un’intesa, ma non arriva mai. Avrebbero dovuto fare un accordo, restituire mio nonno e gli altri rapiti vivi».
Il destino degli altri cinque ostaggi recuperati era già noto alle famiglie. A giugno Tsahal aveva notificato alla famiglia di Chaim Peri la sua morte in prigionia. «Chaim è stato per noi una bussola morale. Un umanista, sostenitore della pace», ricorda il kibbutz Nir Oz. Il 7 ottobre, prima di essere rapito, era riuscito a mettere in salvo la moglie Osnat.
Nelle stesse ore, sempre nel kibbutz Nir Oz, i coniugi Yoram e Tamar Metzger erano stati portati via dalla propria casa. Per 50 giorni i due sono rimasti insieme, fino alla liberazione di Tamar a novembre. «Cercava di alleviare la nostra sofferenza facendo battute», ha raccontato la moglie, ricordando le settimane passate nelle mani dei terroristi. «Fin quando eravamo insieme, stava bene». Oggi è la rabbia il sentimento dominante. «La situazione è sfuggita di mano al governo», denuncia Tamar. «Non è colpa nostra se siamo stati rapiti».
Come i Metzger, anche Yagev Buchshtav e sua moglie Rimon sono stati rapiti insieme dal kibbutz Nir Oz. Rimon è stata liberata il 28 novembre. Otto mesi dopo, ha scoperto della morte del marito in prigionia. «Speravamo tanto che nonostante la difficoltà e l’orrore questa storia finisse diversamente, ma non è accaduto. Non abbiamo vinto. Yagav non ha vinto», ha commentato la madre, Esther, quando il 22 luglio è stata pubblicata la notizia della morte del figlio. «È la chiusura di un cerchio. Non allevia il dolore, ma dà conforto poter dare sepoltura a Yagav», i sentimenti espressi al sito Walla dal fratello Yuval. «Il mio messaggio è semplice», ha aggiunto. «Dobbiamo riportare ora a casa gli ostaggi ancora in vita. Nessuna famiglia deve unirsi al nostro dolore». Di professione tecnico del suono, Yagav, ricorda il fratello, aveva una grande passione per la musica. Fin da giovane aveva iniziato a suonare diversi strumenti e alcuni se li era costruiti da solo.
Era invece uno storico ed educatore a Yad Vashem Alexander Dancyg, nato a Varsavia nel 1948 da due sopravvissuti alla Shoah. Secondo i suoi colleghi di Yad Vashem, «Alex incarnava l’amore per la terra d’Israele e per la conoscenza». Alla Bbc il figlio Mati aveva raccontato: «Centinaia di studenti lo adorino. È un insegnante eccezionale. Ogni volta che ho assistito a una sua lezione sono rimasto affascinato». A luglio è arrivata la notizia della sua uccisione a Gaza.
Anche Nadav Popplewell è ricordato dai suoi cari per «il suo grande amore per il sapere». «Era un uomo generoso e amorevole», si legge nel messaggio del kibbutz Nirim, da cui è stato rapito assieme alla madre Channah Peri il 7 ottobre. La madre è stata liberata a novembre nell’intesa con Hamas. La famiglia più stretta, in questo momento di lutto, ha chiesto di non essere intervistata.
Alle famiglie dei sei ostaggi sono arrivati i messaggi di cordoglio delle istituzioni, a partire dal premier Benjamin Netanyahu e dal presidente d’Israele Isaac Herzog. «Non dobbiamo smettere per un momento di agire per riportare, in ogni modo, tutti i rapiti in patria: i vivi nelle braccia delle loro famiglie, i morti nella tomba di Israele. Questo è un obbligo morale supremo per il nostro paese», ha commentato Herzog.
Sono ancora 109 i rapiti nelle mani di Hamas, di cui circa trenta non sono più in vita.