SHIRIM – Senza fine, il canto

Diremo, ora attendo la primavera
forse tu mi prenderai sulla catena dei monti
per ammirare la fioritura, diremo
monti rivestiti come mare, svenuti
e dopo scriverò un canto d’amore giocondo.

Si deve scrivere un canto d’amore giocondo
qualcosa vivace come colline, in danza, e il succo,
il sole, e stendersi sul nuovo prato
e sbranare erba, cantare ad alta voce
e ridere selvaggiamente
arrotolandosi da una fine sino alla fine del mondo
come calde zolle.

O mio amato, ti scriverò un canto felice d’amore
in cui non c’è tristezza e né stretta di cuore.
Intreccerò ghirlande sul tuo capo
e regnerò su me ogni foro del tuo strato.

E tu vedrai che gran gioia sarà
come tela il momento è risolto
come senza fine è il canto, come di
luce è avvolto.

I versi proposti, nella traduzione in italiano a cura di Rachele Amir Baranes (dal libro Poeti d’Israele. Antologia, a cura di Rachel Amir Baranes, Tel Aviv 1999), appartengono alla poetessa Esther Ettinger.
Versi che profumano di primavera, di canti e voci gioiose.
Di felicità che verranno per non finire, di colline sempre verdi ove l’erba fragrante si presta a nutrire gli uomini dell’ancestrale speranza, dell’abbraccio che annulli per sempre ogni dolore.
Nel canto infinito non c’è posto per la tristezza, per la paura, la perdita. Il soffrire impallidisce e muore innanzi ai colori splendidi delle ghirlande fiorite. Le poseremo sul capo di coloro che amiamo, il 15 del mese di Av e ogni giorno sulla Terra, cantando e contando, nostro malgrado, i giorni passati e futuri.
Componiamo così versi giocondi, suoniamo le musiche più dolci, provando a non indovinarne la fine; srotoliamo il filo della tristezza, ce ne scordiamo e andiamo, giorno dopo giorno, da una fine all’altra.
Fanciulle biancovestite danzano ancora all’ombra di dolci vigneti, nella luce eterea dell’inizio del mondo.
Ma in altri luoghi, sotterranei e terribili, geme chi non riceve la carezza dell’aria, il conforto di una voce amica, chi fu strappato all’amore dei suoi.
Geme chi attende struggendosi senza fine, nel martirio di tutte le ore.
Tu B’Av, dieci mesi dopo.

Shirim è a cura di Mariateresa Amabile, poetessa e docente di Diritti Antichi all’Università di Salerno