SHIRIM – Alla sorella Paula Michelstaedter

Alla sorella Paula
Come le rondinelle anno per anno/tornano al nido che le vide implumi,/così l’uomo nel giro dei suoi giorni /torna e ritorna al pensier della culla./Ed ogni anno quel dì rifesteggiando/che alla fame, alla sete, che al dolore,/che alla vita mortale l’ha svegliato,/ogni anno in quel dì si riconforta/ad amar la sua vita./ E i parenti –che allor nel neonato,/nella creatura fragile impotente,/ della speranza lor videro il frutto, /e con pavido amore a lui porgendo/quanto la vita dona a chi la chiede/ del suo pianto si fecer velo agli occhi, / confidando che vesti e nutrimento/ gli potessero far viver la vita, /- anno per anno poi rinnovellando/ la speranza lontana ed il dolore/ si fanno velo ancora agli occhi stanchi, / grazie porgendo a lui dell’esser nato, /perch’ei sia grato a lor della sua vita, / perché il muto dolore sia obliato/ e la promessa vana ogni presente. / Ma l’augurio che ciò ch’ei mai non ebbe / per un istante/ promette in lunghi anni luminosi/ dia la sua luce presa dal futuro/ al giorno natalizio, e l’illusione/ moltiplicando gli finga la fame/ esser un bene e vita sufficiente/ la diuturna morte./ E baci e doni e la mensa imbandita, /dolci parole in copia e dolci cose,/ liete promesse e guardi fiduciosi/ faccian chiara la stanza famigliare/ facciano schermo ala notte paurosa…/Paula, non ti so dir dolci parole,/ cose non so che possan esser care, / poiché il muto dolore a me ha parlato/ e m’ha narrato quello che ogni cuore/ soffre e non sa –ché a sé non lo confessa./ Ed oltre il vetro della chiara stanza/ che le consuete imagini riflette/ vedo l’oscurità pur minacciosa/ -e sostare non posso nel deserto./ Lasciami andare, Paula, nella notte/ a crearmi la luce da me stesso,/ lasciami andar oltre il deserto, al mare/ perch’io ti porti il dono luminoso/…molto più che non credi mi sei cara.

Ancora un testo meraviglioso di Carlo Michelstaedter, dedicato alla sorella Paula, per il suo compleanno.
Versi toccanti, ove parche parole di speranza s’intravedono nel finale come una luce fiochissima che filtri tra i rami d’una remota foresta.
Tenerezza, nostalgia permeano ogni frase, velando di dolcezza i versi più cupi.
Dispiacere per gli anni trascorsi, struggimento pei compleanni ritornanti, quasi che nella festa si smarrisse il senso del celebrare, ci si coprisse a vicenda gli occhi per non scorgere la morte passare. E i “grazie” d’esser nati e quelli per avere ricevuto in dono la vita s’incrociano con l’ignorare deliberato dell’approssimarsi della fine. La fine abiurata, disciolta in anni futuri di vaga, confusa gioia.
Un cuore leale non può illudersi o mentire, quasi che il giorno di festa rechi più grevi pensieri, comandi precisi compiti di verità. Brama, il poeta, d’essere lasciato solo, sì da crearsi, da qualche parte, una luce propria oltre il deserto, oltre la notte sconfinata che lo chiama a sé.
E v’è nel suo scansarsi, nel quasi sospingere lontano l’affetto pure tributato alla sorella amata, come un desiderio struggente d’esser consolati, d’una favola che nuovamente incanti.

Shirim è a cura di Mariateresa Amabile, poetessa e docente di Diritti Antichi all’Università di Salerno