DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 19 settembre 2024

Dopo i cercapersone, ieri in Libano sono esplosi i walkie-talkie. Hezbollah minaccia vendetta, Israele si prepara a un’intensificazione dello scontro sul fronte Nord e a una possibile guerra totale. «Una breccia nell’intelligence ha dato il via all’operazione», ricostruisce il Corriere della Sera. E l’operazione è parte «di un piano più ampio dove ogni gadget può celare un’insidia, aumentando la paranoia di un movimento ossessionato dalla segretezza». Hezbollah, rileva Repubblica, si scopre fragile «non tanto negli arsenali militari» quanto «nelle reti, umane e di comunicazione». Quella che viene definita la «guerra elettronica del Mossad» ha comunque «scatenato terrore e ansia in tutto il Paese», non solo tra i terroristi. Per il secondo giorno consecutivo, conferma La Stampa, «il Libano è precipitato in uno stato di caos e di incertezza psicologica». Mai, dalla nascita di Hezbollah, «il Libano aveva conosciuto un evento così enorme nella sua stranissima accuratezza e abilità tecnologica» (Il Giornale). Per Yaakov Peri, ex direttore dello Shin Bet, «è possibile che questo attacco sia propedeutico a un’operazione terrestre, ma è troppo presto per dirlo» (Il Messaggero).

Repubblica intervista Andrea Tenenti, il portavoce dell’Unifil. «La tensione è molto elevata, ma non è dovuta soltanto ai fatti di questi due giorni», riferisce il militare. «Ci sono i bombardamenti sulla Linea Blu e quelli non sono mai cessati in questi undici mesi. Il nostro contingente continua a operare nel Sud del Libano». Di Israele e del fronte Nord scrive Paolo Mieli sul Corriere della Sera, in un editoriale sulla prima pagina del quotidiano: «Sicuramente la vicenda dei cercapersone esplosivi restituirà almeno in parte agli israeliani fiducia nelle capacità militari del proprio Paese. Ma la via del ritorno a casa dei chatufim (vivi o morti) è ancora lunga».

Daniele Capezzone, commentando gli ultimi fatti su Libero, si dichiara allarmato dal «senso di lutto» che a suo dire si percepirebbe «nei resoconti e nei commenti dei giornali italiani e di non pochi media occidentali, sempre più incapaci di distinguere tra uno stato democratico come Israele e le belve del terrore islamista».

Se Israele perdesse la guerra contro il terrorismo «sarebbe la più grossa tragedia dall’Olocausto», sostiene l’intellettuale francese Bernard-Henry Lévy in una intervista con La Stampa.

Lutto tra gli italkim per la morte del 23enne Daniel Maimon Toaff, soldato israeliano con cittadinanza italiana ucciso a Gaza. Come spiega tra gli altri il Corriere della Sera, «era nipote di Shemariah Toaff e pronipote di Shlomo Yona Renzo Toaff, nato a Livorno nel 1913 e morto a Tel Aviv nel 1997, fratello del grande rabbino capo di Roma Elio Toaff». La Stampa, Libero, Giornale e Secolo XIX citano Moked, riprendendo il virgolettato di un’intervista radiofonica del padre Shlomo: «Era sempre il primo a entrare negli edifici o nelle stanze, come si addice a un ufficiale di Tsahal».