DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 24 settembre 2024
«Libano sotto un diluvio di bombe», titola in prima pagina il Corriere per descrivere l’operazione militare israeliana contro Hezbollah, che per sostenere Hamas dall’8 ottobre bersaglia il nord d’Israele. Sono stati colpiti da Tsahal 1600 obiettivi concentrati nel sud del Libano. Secondo fonti militare, riporta Repubblica, il 50% di missili, razzi e droni dei terroristi sostenuti dall’Iran sarebbe stato distrutto. Negli attacchi, prosegue il quotidiano, sono morte 500 persone ed è iniziata una fuga di massa dal Libano meridionale. L’obiettivo israeliano, aggiunge il Messaggero, è spingere Hezbollah oltre il fiume Litani – come previsto dalla risoluzione Onu 1701 del 2006 – e creare una zona cuscinetto al confine settentrionale. Per farlo, riferisce il quotidiano, Gerusalemme sarebbe pronta a ordinare un’operazione via terra.
«Stiamo infliggendo un duro colpo a Hezbollah e questo invierà onde d’urto in tutta la regione. Hezbollah sarà ricordato solo per le sue perdite e per il caos che ha creato per i suoi stessi cittadini, il popolo del Libano», afferma il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant a La Stampa. Il quotidiano descrive gli ultimi mesi del ministro: «Dorme in una stanza accanto al suo ufficio, all’interno del complesso della Difesa. Veste sempre di nero, non è mai più andato a cena fuori né partecipa a eventi. Le indiscrezioni sui ripetuti tentativi del premier Benjamin Netanyahu di licenziarlo non lo turbano. Con “Bibi” mantiene un canale di comunicazione “pratico”».
Oltre a distruggere l’arsenale di Hezbollah, Israele punta a eliminarne la leadership. Dopo aver ucciso Ibrahim Aqil e Fuad Shukr, ex comandanti del sud del Libano, ora Tsahal ha preso di mira il loro successore Ali Karaki. «Hezbollah ha un vertice forte, se viene eliminato un suo comandante, la struttura di comando fa fatica a ripartire: non è una coda di lucertola, come Hamas, non si ricostituisce in fretta», scrive il Foglio.
«Combattere o defilarsi? Il dilemma fatale di Iran e Hezbollah», scrive su Domani il sociologo Renzo Guolo spiegando come «il conflitto limitato facesse parte della strategia controllata degli islamisti». Ora che Israele vuole riportare la calma al nord, per il gruppo terroristico finanziato dall’Iran, la scelta: è tra «non rispondere perdendo peso o reagire rischiando di sparire». L’Iran nel mentre è rimasto a guardare, scrive il Corriere. Ha però ordinato controlli massicci sui propri apparati di comunicazione nel timore di nuove sorprese dopo l’esplosione dei cercapersone in Libano.
Da anni le Nazioni Unite chiudono gli occhi su quanto accade al confine sud del Libano, lasciando a Hezbollah la libertà di accumulare missili e razzi e puntarli contro Israele, denuncia sul Foglio il direttore Claudio Cerasa. Ora che Israele è impegnata a rimuovere la minaccia, prosegue Cerasa, le Nazioni Unite «trasformano un’azione di difesa contro i terroristi in un sinonimo di escalation» e così aiuta «tutti coloro che nel mondo scelgono ogni giorno di trasformare in carnefice la vittima e in vittima il carnefice. E il fatto che il carnefice trasformato in vittima corrisponda spesso con il profilo di un terrorista che minaccia l’esistenza di Israele ci dice molto su cosa sia oggi la vergogna chiamata Onu».
«L’aspetto più inquietante è che (Giuseppe) Conte non può ignorare né sottovalutare il pericolo insito nelle sue parole, soprattutto nel clima di odio e violenza che si è generato contro gli ebrei dopo il 7 ottobre. E non può ignorare che Israele sta conducendo una guerra di difesa». Così al Foglio il presidente della comunità ebraica di Roma, Victor Fadlun, tornando sulle parole del leader dei Cinque Stelle durante una manifestazione ad Assisi. «L’ex premier ha finito per equiparare comunità ebraiche e politiche dello stato d’Israele», spiega il Foglio.
Alla senatrice a vita Liliana Segre è stato conferito il premio Burgio «Dalla parte dei bambini». Nel ritirare il riconoscimento, Segre ha ricordato la sua infanzia negata dalla Shoah. Sul presente, ha sottolineato come «i bimbi di oggi sono vittime due volte, delle guerre e dell’indifferenza». «Come si fa a non avere la stessa pena per qualunque bambino sotto qualunque cielo?», si è chiesta Segre.