BUDAPEST – Lotta all’antisemitismo, le strategie italiane al confronto europeo
È in corso a Budapest il sesto incontro del gruppo di lavoro sulla “implementazione” della strategia Ue contro l’antisemitismo e per dare futuro e continuità alla presenza ebraica in Europa. All’incontro partecipa anche una delegazione italiana.
«Due sono gli aspetti di maggiore attualità riguardo alle azioni avviate in Italia», ha sottolineato in tale contesto il generale Pasquale Angelosanto, coordinatore nazionale per la lotta all’antisemitismo da gennaio. Il primo «è la nomina con decreto della Presidenza del Consiglio» di un gruppo di lavoro guidato dal coordinatore stesso e di cui fanno parte esponenti «dell’associazionismo ebraico, del governo, della pubblica amministrazione e dell’accademia». Tale organismo, ha spiegato il generale, «ha già avviato i lavori per la definizione di una nuova strategia nazionale per la lotta all’antisemitismo, nel solco di quella europea del 2021». Il secondo aspetto è quello che Angelosanto ha presentato come un nuovo approccio analitico di “scenario” per «descrivere il fenomeno, capirne le cause e fare previsioni per il futuro». Una nuova prospettiva che non si ferma «all’analisi statistica dei dati».
«Mentre giustamente parliamo di conoscenza e promozione della vita ebraica come strumento per la lotta all’antisemitismo, affrontiamo una realtà in cui è pericoloso girare con una kippah sulla testa e i luoghi ebraici devono incrementare le misure di sicurezza», ha dichiarato il segretario generale Ucei Uriel Perugia. Per il rappresentante dell’Unione ci sarebbe «una sottovalutazione del problema dell’antisemitismo in troppi contesti» e malgrado «istituzioni nazionali ed europee che dimostrano attenzione» i passi indietro sarebbero stati «evidenti e preoccupanti». Pensando a ciò, ha proseguito Perugia, è necessario «interrogarci sull’efficacia delle azioni intraprese e introdurre meccanismi di misurazione dell’impatto di quanto viene fatto». Anche perché l’antisemitismo in crescita è «un segnale dell’indebolimento del tessuto sociale su più ampia scala». Spaventa ad esempio il segretario Ucei «l’idea che sia in principio possibile celebrare un pogrom e che ci siano persone nei nostri paesi che vorrebbero farlo».