STORIA – Giulio Disegni (Ucei): Da Modica a Marzabotto una sola matrice: l’odio
«A tutti è richiesta vigilanza attenta e responsabilità matura: per il presente e per il futuro»

Ospitiamo un contributo del vicepresidente Ucei, Giulio Disegni:

Pochi giorni fa, con le Città di Noto e di Modica, l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, ha voluto ricordare, con due eventi significativi e con l’installazione di due targhe commemorative, la strage perpetrata il 15 agosto 1474 contro gli ebrei che da secoli risiedevano nelle due località della Sicilia orientale.
Sono trascorsi 550 anni da quell’eccidio efferato, causato da una congiura e dall’accusa di blasfemia e di offesa alla fede cattolica, connessa a interessi di carattere economico, ma scaturito dalla volontà premeditata di uccidere e di portare a compimento un piano criminoso, consumato all’insegna di una vendetta divina, per una offesa inesistente.
Gli ebrei furono uccisi, a Modica, si dice, sul sagrato della Chiesa di S. Maria, le case date alle fiamme, la Sinagoga saccheggiata, i rotoli della Torah distrutti e i registri ove erano annotati i debiti contratti con gli ebrei strappati e bruciati
Un delitto orrendo, maturato dall’influsso delle predicazioni antiebraiche, nel silenzio totale delle autorità e della popolazione, che portò all’eliminazione pressoché totale di una componente, quella ebraica, parte viva e integrante della società siciliana.
Un delitto fomentato da fanatismo e superstizione delle folle, che avevano dato vita un solco di odio fra queste e le comunità ebraiche del territorio.
Ecco perché non poteva non essere ricordato anche a distanza di cinque secoli e non rimanere scolpito come monito perenne in due punti strategici delle due città.
Ma una tragica assonanza richiama alla mente un altro terribile eccidio.

L’orrore di Marzabotto

Ieri, una strage che ha segnato in modo indelebile la storia del nostro Paese, è stata commemorata dai Presidenti della Repubblica italiano e tedesco.
Ottant’anni fa, un paese intero, Marzabotto, fu sconvolto dalla violenza nazista e fascista. Dopo l’eccidio di Sant’Anna di Stazzema avvenuta il 12 agosto 1944, quasi 800 persone furono trucidate a Marzabotto, dove la mattina del 29 settembre, reparti di truppe naziste guidati da repubblichini, prima di muovere all’attacco dei partigiani, rastrellarono una vasta area tra le valli del Setta e del Reno, devastarono e bruciarono case, scuole, cascine.
La popolazione atterrita si rifugiò nella chiesa di Santa Maria Assunta, raccogliendosi in preghiera. Irruppero i soldati tedeschi e compirono una strage di crudeltà inaudita.
Fu «il fondo dell’abisso, la cancellazione di ogni dignità», come è stato ricordato nella commemorazione di ieri.
La strategia era una sola: l’annientamento, spinto dalla volontà di dominio, che univa nazismo e fascismo, il mito razziale, la sopraffazione nazionalista,
Il Presidente della Repubblica federale tedesca ha affermato, in italiano, di provare solo dolore e vergogna: «Mi inchino dinanzi ai morti. A nome del mio Paese, oggi vi chiedo perdono».
Ma è stato il Presidente Mattarella a ricordare che la memoria richiama responsabilità: «La responsabilità di non essere né ciechi, né addormentati, né immemori».
Due sole testimonianze dell’orrore di Marzabotto parlano più di qualsiasi commento.

Le testimonianze dei sopravvissuti

«Mio padre fu rastrellato dai tedeschi il 29 settembre del 1944 e lo tennero nella statica di Pioppe per tre giorni, poi fecero uscire lui e 45 prigionieri e li portarono a botte di Pioppe, li misero attorno alla cisterna e li fucilarono», così il racconto di una delle pochissime sopravvissute alla strage, all’epoca di soli 4 anni. Quando i militari tedeschi arrivarono a casa sua quella notte «io e mia madre stavamo dormendo al secondo piano e ci fecero scendere con i mitra puntati alla schiena. Poi però presero solo mio padre».
Così un’altra sopravvissuta: «Nelle giornate del 29 e 30 settembre eravamo nel rifugio, sopra alla nostra casa a Steccola. Sono arrivate le SS e ci hanno detto di andare verso Prunaro di Sopra, dove c’erano già le mitragliatrici a tre piedi. Ci hanno detto di camminare in fila e poi ci hanno falciati lì. Eravamo in 16 o 17 tutte donne e bambini, unico uomo il nonno di 82 anni che fu subito buttato in un pagliaio in fiamme. Una bambina di 40 giorni sfollata da Bologna, fu portata via alla madre dalle SS, buttata in alto e sparata come fosse un barattolo».
Sono testimonianze durissime che ci riportano al presente.

Ricordare il 7 ottobre

Tra pochi giorni ci apprestiamo a ricordare il primo anno da un altro massacro, tra i più feroci che la storia recente annoveri, quello perpetrato da Hamas in Israele il 7 ottobre 2023.
E i ricordi di quell’orrendo massacro, i video e le testimonianze che ci sono arrivati, non possono non richiamare alla memoria gli eccidi di Noto e di Modica e la strage di Marzabotto.
I contesti storici e geo-politici sono differenti, ma la matrice è la stessa: l’odio e la violenza.
Ma la memoria oggi non può e non deve appartenere solo a chi è stato in qualche modo coinvolto da quelle stragi, o perché risiede in quelle terre, o perché ebreo, o perché antifascista.
È una memoria che deve appartenere all’Italia, come al mondo intero, perchè la storia oggi interroga le coscienze di tutti, non solo di qualcuno.
E a tutti oggi è richiesta partecipazione consapevole, vigilanza attenta, responsabilità matura. Per il presente e per il futuro.

Giulio Disegni