L’APPUNTO – Vittorio Ravà: Inconsapevoli ignoranti o aguzzini?
“From the river to the sea Palestine will be free”. Se ci fosse una ricerca di marketing globale sarebbe lo slogan più conosciuto al mondo nel 2024. Come molti successi creativi non è attribuito ad un autore: secondo una ricostruzione del New York Times lo slogan risalirebbe agli anni ’60; sopravvissuto per decenni, riaffiora nel 2017 nel manifesto programmatico di Hamas. Il perché del successo è spiegabile nella semplicità di comprensione e memorizzazione, con una musicalità innata dovuta alla rima baciata.
Come tutte le cose spontanee, nessuno ne ha valutato le conseguenze e le interpretazioni più o meno palesi. La corretta accezione dello slogan oggi è considerato un invito all’eliminazione di Israele, l’unica presenza che esiste tra il fiume Giordano e il mare Mediterraneo.
Chi urla lo slogan non è un pacifista come pensano molti inconsapevoli ignoranti, ma un urlo di guerra antisemita che invoca la distruzione d’Israele alla faccia dei due popoli e due stati. Le parole sono pietre e fanno più male delle lapidazioni e in questo caso l’uso consapevole di un gioco di parole inconsapevole trascina chi lo usa nell’abisso della storia. Quindi i palestinesi, che mantengono dal 1948 lo status di rifugiati in virtù del quale sono percepiti come vittime da parte del resto del mondo, con questo slogan-ombrello si propongono come aguzzini per spazzare via Israele dalla carta geografica.
Se le parole sono pietre, le date sono ancora più simboliche. Gli inconsapevoli per finta studenti dell’Università di Siena che hanno scelto la data del 7 ottobre per il convegno sul Medio Oriente, se vogliamo essere comprensivi, hanno sbagliato la data; non volendolo essere, la scelta del giorno del pogrom è semplicemente criminale. Bene ha fatto il senato accademico a ritirare l’autorizzazione, suggerisco di spostarlo al 2 novembre, il giorno dei morti per la tradizione cattolica.
Vittorio Ravà