DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 23 ottobre 2024
Per la fuga di notizie dal Pentagono sui piani di attacco israeliani in Iran alcuni media internazionali hanno indicato come possibile responsabile la politologa iraniano-americana Ariane Tabatabai, a capo dello staff del vice segretario alla Difesa per le operazioni speciali. «Tabatabai si presenta in effetti la talpa perfetta: ha lavorato con think tank di primo piano, tra cui Rand Corporation e German Marshall Fund, ed è stata coinvolta nei negoziati sul nucleare con l’Iran», riporta tra gli altri Repubblica. Il governo Usa ha smentito un coinvolgimento della donna, sostenendo che non sia indagata dall’Fbi. In Israele intanto «si moltiplicano i casi di spionaggio ai danni di scienziati e di figure chiave dell’establishment politico e militare con la regia di Teheran e con cittadini israeliani nel ruoli di agenti segreti» (La Stampa). Angelo Panebianco, in un editoriale sulla prima pagina sul Corriere della Sera, ritiene che in Medio Oriente non ci sarà mai pace «fin quando Israele non smetterà di sentirsi minacciato nella sua esistenza». Soprattutto dall’Iran, i cui piani di annientamento sono espliciti. Pertanto, prosegue il politologo, «fin quando il regime degli Ayatollah durerà, potranno esserci fra Israele e l’Iran (e i gruppi che l’Iran controlla) tregue più o meno precarie». Ma «non potrà mai esserci pace».
Dopo l’uccisione di Yahya Sinwar, Hamas si sarebbe riorganizzato con una struttura a cinque leader. L’agenzia francese Afp ha fatto i nomi di Khalil al Hayya, Zaher Zabarin, Khaled Meshal e Mohammed Darwish. Al loro fianco ci sarebbe un quinto elemento, non rivelato per ragioni di sicurezza. L’aspetto in ogni caso evidente, scrive il Corriere ella Sera, «è che i membri vivono tutti all’estero, ospiti del Qatar, Paese che svolge un ruolo di mediatore e finanziatore, con una forte influenza».
Il Foglio intervista Yuval Bitton, il medico israeliano che salvò la vita a Sinwar in carcere. «Quando ho saputo della morte di Sinwar ho capito che da un anno non avevamo mai avuto motivo di ottimismo come in quel momento», afferma Bitton. «Non si è chiuso il cerchio, ma può chiudersi».
Rappresentanti di Israele, Libano e Autorità nazionale palestinese hanno partecipato al G7 Sviluppo di Pescara, organizzato dalla Farnesina. Nell’occasione, dal ministro degli Esteri italiani Antonio Tajani è arrivata la proposta «di una “conferenza per la ricostruzione” della Striscia di Gaza, delle zone distrutte entro i confini di Beirut e dei territori del nord di Israele martoriati dal conflitto» (Messaggero).
Tra i grandi Paesi europei, la Germania appare da tempo il più vicino a Israele. Per il Foglio, «i tedeschi sembrano aver capito che, nella guerra di Israele all’asse del male manovrata da Teheran, ne va della sicurezza anche dell’Europa». E inoltre che i valori occidentali «si difendono sotto le mura di Gerusalemme».
Lo scrittore israeliano Etgar Keret, intervistato da Avvenire, attacca il governo Netanyahu: «ll suo obiettivo è trasformare la nostra democrazia in uno Stato ebraico fondamentalista».