L’OPINIONE – Alberto Heimler: Prima gli ostaggi e i gazawi

Le crociate furono guerre avviate dalla Chiesa tra l’anno Mille e il 1.200 per riconquistare la “Terra Santa” dal dominio islamico. Come è noto, il viaggio verso Gerusalemme era lungo e difficile e tanti crociati si macchiarono di crimini orrendi nei confronti di tante popolazioni molto più vicine a casa, depredate e saccheggiate. In particolare l’odio si riversò verso gli infedeli ebrei. I massacri commessi dai crociati a Spira, Worms e Metz in Renania, non nella “Terra Santa”, vengono ricordati ogni anno nel digiuno ebraico del 9 del mese di Av, digiuno che ricorda le grandi disgrazie accadute al popolo ebraico nel corso della sua storia.
Fino a qualche mese fa le crociate erano un evento del passato lontano, un qualcosa che non aveva alcuna connessione col presente. E invece le parole della Guida Suprema iraniana Ali Khamenei – Israele deve essere distrutto – ci hanno riportato a mille anni fa. Allora erano i musulmani a dover essere cacciati dalla “Terra Santa” (anche se poi l’odio si riversò sugli ebrei) adesso sono direttamente gli ebrei a dover essere cacciati da una terra un tempo a dominio islamico, ma sempre caratterizzata da una presenza ebraica. L’impeto religioso, fideista e irrazionale è il medesimo di mille anni fa.
La bandiera palestinese esposta senza quella israeliana al fianco è il segno di questa deriva. Implica la distruzione di Israele, la cacciata di 7 milioni di suoi cittadini ebrei e la creazione di uno stato islamico. I fondamentalisti islamici non vogliono la soluzione tanto desiderata da tutti in Occidente: due popoli, due stati. Il popolo deve essere uno e lo stato uno. Tant’è vero che iI 7 Ottobre i miliziani di Hamas ammazzavano gli israeliani al grido di Allahu Akbar, Dio è il più grande. E all’indomani del 7 Ottobre i telecronisti da Gaza chiamavano l’esercito israeliano “le forze occupanti”.
E prima di allora, piuttosto che preoccuparsi dello sviluppo economico di Gaza e del benessere dei suoi abitanti, Hamas ha sperperato gli aiuti ricevuti nella costruzione della più imponente rete di tunnel sotterranei del mondo, nell’acquisto di armi sofisticate e nell’organizzazione di un grande esercito, con l’obiettivo dichiarato di cacciare gli ebrei da Israele. Peraltro un alto dirigente di Hamas intervistato da Al Jazeera qualche giorno dopo il 7 Ottobre sosteneva che gli ebrei israeliani dovevano andarsene, tanto avevano tutti un altro Stato dove andare, il che peraltro è falso per la maggior parte degli israeliani.
Hezbollah è la dimostrazione di quanto appropriata sia questa interpretazione religiosa del conflitto. Il Libano non ha rivendicazioni territoriali con Israele e l’aggressività di Hezbollah, armato fino ai denti per attaccare Israele e organizzato per imitare al Nord il pogrom del 7 Ottobre, si spiega solo con la matrice religiosa radicale. La politica, l’economia, la difesa dei confini nazionali non hanno spazio in questa strategia egemonica islamica. Il Libano non ha contrasti con Israele, né di popolazione né di territori. Potrebbe vivere pacificamente.
E infatti Hezbollah non combatte per il Libano, ma dal Libano. È parte dell’Islam radicale che vuole la distruzione di Israele. La storia degli ultimi decenni dimostra che non è Israele a volere la distruzione dei propri vicini arabi. Infatti, quando prima l’Egitto e poi la Giordania hanno voluto, Israele si è subito rappacificata con loro. Anche con i palestinesi non sarebbe e non sarebbe stato diverso.
Nel 2005 Israele si è ritirato da Gaza. Se la leadership dell’Autorità palestinese prima e poi di Hamas avesse optato per un’evoluzione pacifica, Gaza sarebbe cresciuta economicamente e politicamente. Col tempo sarebbe diventata uno Stato e sarebbe stato molto difficile per Israele non accordare lo stesso diritto ai territori occupati a ovest del Giordano. Lo stato palestinese, sempre peraltro rifiutato dai palestinesi, sarebbe oggi una realtà consolidata.
Ma come ci si arriva adesso? Non certo sostenendo le posizioni di Hamas e di Hezbollah. Loro devono essere sconfitti e rimpiazzati da una leadership più moderata. In Libano è più facile. Là esiste un governo legittimo che potrebbe estendere la propria sovranità anche al Sud. Per Gaza, gli Stati arabi più moderati potrebbero in prospettiva intervenire e impostare le basi per un governo di transizione che traghetti la Striscia verso una leadership che abbia veramente a cuore il benessere della popolazione e la pacificazione della regione.
Ma oggi a Gaza il problema principale sono gli ostaggi catturati il 7 Ottobre. Senza una loro liberazione la pace non può essere neanche avviata. Da questo punto di vista la comunità internazionale invece di chiedere il cessate il fuoco in cambio della liberazione degli ostaggi come avvenuto finora, dovrebbe chiedere la liberazione degli ostaggi e la fine politica di Hamas in cambio della fine della guerra. Si tratta di un radicale cambiamento di prospettiva. Poi, liberati gli ostaggi e uscito di scena Hamas, tutto diventa più semplice. Hamas infatti non è solo un regime brutale e aggressivo nei confronti di Israele, è soprattutto un regime oltranzista e repressivo nei confronti dei palestinesi stessi: non è ammesso alcun minimo dissenso e ogni opposizione è eliminata con la violenza. Essere contro Hamas non implica solo schierarsi a fianco di Israele, ma anche a fianco e a protezione dei palestinesi. E non solo per finire i bombardamenti e le distruzioni, ma soprattutto per salvaguardare il loro futuro.
Israele da parte sua deve delineare il futuro di Gaza oltre e al di là delle poche condivisibili parole di Netanyahu all’Onu lo scorso 27 Settembre. Benny Gantz è uscito dal governo per questo. Allora forse era prematuro. Adesso non si può più attendere.
Non sarebbe un atto di debolezza da parte di Israele. Al contrario. È ormai chiaro a tutti che come le crociate hanno alla fine fallito mille anni fa, sia pure seminando morti e distruzioni, così l’obiettivo dell’Islam radicale di distruggere Israele non si realizzerà, ma anche qui seminando morti e distruzioni. Prima ci rendiamo tutti conto che l’Islam radicale va fermato, incluso soprattutto l’Iran, prima questo inferno finirà.

Alberto Heimler