DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 18 novembre 2024
Diplomazia israeliana e istituzioni ebraiche stanno reagendo con fermezza alle parole di papa Francesco, che per Gaza ha evocato il termine genocidio. «Dietro tutto questo c’è qualcosa di più del gelo diplomatico e piuttosto mostra una tensione che cova da tempo tra la Santa Sede e il governo di Netanyahu», scrive tra gli altri il Corriere della Sera. La tempistica del riferimento al genocidio per la guerra contro Hamas non sembra casuale, riporta La Stampa, perché le considerazioni del capo della Chiesa «arrivano alla vigilia della presentazione all’Onu dal rapporto del Comitato speciale delle Nazioni Unite che, per la prima volta, mette nero su bianco le sue accuse». Secondo Libero, «a Pretoria si saranno fregati le mani» per l’intervento del papa, visto che «l’operazione “genocidio” ha trovato in queste ore un sostenitore d’eccezione».
Per prima ha replicato ieri l’ambasciata israeliana presso la Santa Sede, in una nota diffusa via X: «Il 7 ottobre 2023 c’è stato un massacro genocida di cittadini israeliani e da allora Israele ha esercitato il proprio diritto di autodifesa contro i tentativi provenienti da sette diversi fronti di uccidere i suoi cittadini. Qualsiasi tentativo di chiamare questa autodifesa con qualsiasi altro nome significa isolare lo Stato ebraico».
Se ne discute su vari giornali. Per Edith Bruck, scrittrice e testimone della Shoah, il papa «non sente il peso della frase che pronuncia» e «per questo la pronuncia con troppa facilità». Bruck esprime questi concetti in una intervista con il Corriere della Sera in cui ricorda che «il genocidio è altro». È genocidio ad esempio «quando vengono bruciati milioni di bambini». Per Bruck quella di Gaza è «una tragedia che ci riguarda tutti», ma «non si sta distruggendo tutto il popolo palestinese: questa è una cosa che vuole fare Hamas». Bruck ne parla anche con La Stampa e Repubblica. «La guerra a Gaza è drammatica, ma continuando a ripetere che là c’è un genocidio si sminuisce totalmente quelli che sono i veri genocidi», dice alla Stampa. Con Repubblica la testimone di origine ungherese punta l’attenzione sullo «tsunami di antisemitismo che sta travolgendo l’Europa». Al riguardo Bruck vorrebbe che la voce del papa «si alzasse forte su questo tema e invece non la sento come vorrei».
Fiamma Nirenstein, in un editoriale sul Giornale, ritiene che l’intervento del papa fornisca legna alla «crescita violenta di un antisemitismo senza precedenti dalla seconda guerra mondiale». Forse, ipotizza la giornalista, il papa «è stato mal consigliato da chi immagina che il mondo cui egli parla sia intriso di pietismo populista, folle che ormai marciano sulle città del mondo con violenza, in nome di un fronte in cui la democrazia e la libertà non hanno cittadinanza». Comprensiva con il pensiero del pontefice è invece la storica Anna Foa, secondo la quale Bergoglio ha espresso «un dubbio legittimo». A detta di Foa, interpellata dalla Stampa, «seppure non si trattasse di genocidio, quelle decine di migliaia di vittime palestinesi a Gaza sono di certo un crimine contro l’umanità». Il filosofo Davide Assael, su Domani, riflette sul «difficile dialogo con l’ebraismo del papa terzomondista».
«Make Europe Jewish Again», titola il Foglio, riprendendo un articolo della Free Press in cui si auspica un potenziamento dell’impegno per rendere il Vecchio Continente sempre più sicuro per gli ebrei. Claudio Cerasa, in un editoriale intitolato “Se al fianco degli ebrei resta solo la destra”, si sofferma su quello che gli appare come il «paradosso dell’antisemitismo, combattuto sempre meno dagli antifascisti e sempre di più dai suoi nemici».