DAFDAF 152 – Armin Greder
Nel numero 152 di DafDaf abbiamo presentato una nuova rubrica, dedicata agli autori e agli illustratori di libri per giovani lettori. Il nostro primo personaggio si chiama Armin Greder: gli sono state dedicate mostre dalla Germania fino al Giappone e ha vinto premi in tutto il mondo.
Nel 1996, per esempio, ha vinto il Bologna Ragazzi Award e l’IBBY Honour List, nel 2003 il Goldener Apfel/Golden alla Biennale di Illustrazione di Bratislava.
È tradotto in moltissime lingue.
Il suo modo di pensare, la sua attenzione al mondo, agli altri, alla giustizia, e il suo rifiuto del pensiero unico sono qualcosa di terribilmente ebraico, qualcosa di cui c’è molto bisogno in questi tempi un po’ cupi. I suoi libri sono pieni di mishpat (rettitudine), tzedakah (giustizia), chesed (gentilezza) e rachamim (compassione).
buona lettura!
a.t.
Immagini e qualche parola, contro la monocultura
Armin Greder, graphic designer e illustratore, si definisce cittadino del mondo: nato in Svizzera, emigrato in Australia, poi trasferitosi in Perù, oggi vive in Italia. E dopo aver insegnato design e illustrazione per anni, al Queensland College of Art, ha cominciato a illustrare i libri di altri autori, poi i suoi.
Tutti i suoi libri, ha spiegato, sono una forma di protesta. Protesta contro le ingiustizie, contro l’ignoranza, contro tutto ciò che nel mondo c’è di brutto e di triste.
Armin Greder si racconta così:
“Sono nato nel 1942 in Svizzera, in una piccola città in cui i nomi delle strade sono scritti in tedesco e in francese, e dove non sai quale delle due lingue usare per rivolgerti a chi sta dietro al bancone del negozio.
A scuola la mia materia preferita era educazione artistica, fino a quando non hanno cominciato a dirmi come dovevo disegnare. Al secondo posto c’era ginnastica, perché eri autorizzato a gridare giocando a pallone.
A scuola nessuno mi ha insegnato a scrivere, ma solo come detestare la grammatica. E la poesia era qualcosa quasi senza senso, di solito era lunga e da imparare a memoria.
Solo più tardi, quando ho disimparato abbastanza, ho capito che la lingua non è il suono che fai quando parli, ma qualcosa che rende tangibili i tuoi pensieri. Qualcuno scrive pensando ai lettori che immagina leggeranno il suo libro. Io preferisco scrivere pensando alla storia che deve essere raccontata.
A chi si rivolga il libro e a quale fascia d’età è destinato, lascio che lo decida l’editore, e, soprattutto, i lettori. Forse questo è il motivo per cui mi ritrovo a illustrare più libri scritti da altri che non da me.
Preferisco lavorare di giorno. La luce è migliore. Se ci fossero eroi fra gli artisti, per me sarebbero Goya, Käthe Kollwitz e Honoré Daumier.
Ci sono forse una dozzina di autori da cui continuo a tornare. Fra loro ci sono Johann Wolfgang Goethe per il modo in cui gioca con la lingua, Eduardo Galeano per il modo in cui riesce a correggere la storia, e Nicolas Bouvier per i suoi viaggi e per il modo in cui riesce a scriverne.
Sono contro la monocultura. Nelle piante genera infestazioni di insetti, nelle persone genera ignoranza.
Quanto più sventolano le bandiere, tanto più temo il patriottismo, perché non è troppo lontano dal nazionalismo.
Non ho né un cane, né un gatto. Non ci sono topolini nella mia casa e sono convinto che il miglior amico dell’uomo non sia un cane ma un altro essere umano. Non fumo e preferisco le verdure alla carne, e il vino bianco al rosso.”
In Italia i suoi libri sono pubblicati da orecchioacerbo, la casa editrice che propone “Libri illustrati per ragazzi e bambini che non recano danno agli adulti / libri per adulti che non recano danno a ragazzi e bambini”.
I libri di Armin Greder non sono facili, sono libri da leggere insieme, per ragionare, per discutere, per aprire porte e guardare al futuro, provando a renderlo migliore.
Ve ne presentiamo alcuni:
L’isola, pubblicato nel 2008, e tradotto dallo scrittore Alessandro Baricco, racconta la storia di un uomo che arriva su un’isola “là dove le correnti e il destino avevano spinto la sua zattera”. Gli abitanti dell’isola lo vedono, e quando si alza in piedi si accorgono che “Non era come loro”. Gli abitanti hanno paura, decidono di sbarazzarsene e di costruire un grande muro tutt’intorno all’isola per impedire che mai più uno straniero vi metta piede. Il libro è un grido contro l’intolleranza e contro l’indifferenza.
Anche La città è stato tradotto da Baricco, e contiene una postfazione dello scrittore e saggista esperto di letteratura per l’infanzia Antonio Faeti. Racconta la storia di una grande città dove il cielo era sempre grigio e l’inverno, a volte, durava tre anni. Lì viveva una donna che aveva un figlio che amava moltissimo. Poi venne la guerra, e con la guerra la morte del padre. Così la donna decise di rifugiarsi in un luogo sperduto, in cui suo figlio potesse essere al sicuro…
Gli stranieri è la storia di un paese coltivato a ulivi, e a sassi, dove un giorno arrivano degli stranieri che dopo aver tanto sofferto hanno deciso di ritornare in quello che era stato il loro paese. Un unico paese deve ospitare due popoli, che però iniziano una guerra che li sfianca e che impedisce loro di vedere i tratti comuni. Poi arriva un muro che li divide. Greder ci ricorda che si è liberi solo se anche gli altri lo sono.
In Mediterraneo c’è un corpo senza vita, uno dei tanti persi nelle acque del Mediterraneo, del nostro mare. Compaiono i pesci, i mercanti di morte con le loro armi e le loro navi. Ci sono, in fuga, carovane di uomini, donne e bambini che attraversano deserti di sabbia e di pietre. Un barcone per solcare da sud a nord il Mediterraneo e spesso, sempre più spesso, naufragare.
Ha scritto e illustrato anche libri più “facili”, e sorridenti, come Il serpente tanto solo dove si spiega che no, non tutto ciò che striscia o è sinuoso, non tutto ciò che è sottile è un serpente. Un giovane rettile appena uscito dal letargo si è appena sgranchito le spire e striscia per il giardino in cerca d’amici. Ma è una delusione dopo l’altra. Un filo elettrico, un tubo per annaffiare e anche un laccio da scarpe e la sinuosità di una cintura… È ormai rassegnato alla solitudine, quando dal bordo della pagina fa capolino un’attraente serpentella che lo invita a seguirlo.