DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 27 novembre 2024
«Tra Libano e Israele scatta l’ora della tregua, Usa e Francia garanti», titola il Corriere, sintetizzando la notizia del giorno: il cessate il fuoco, mediato dagli Stati Uniti, raggiunto tra Beirut e Gerusalemme. «È necessario fermarci adesso per concentrarci sulla minaccia iraniana, permettere a Tsahal di riarmarsi e per isolare Hamas», ha dichiarato il premier israeliano Benjamin Netanyahu in un discorso alla nazione. Il cessate il fuoco è entrato in vigore alle 4 di questa mattina ora locale e dovrebbe durare 60 giorni. Dopo questo termine, spiegano Repubblica e Giornale, l’Idf dovrebbe ritirarsi dal sud del Libano. Nello stesso periodo, Hezbollah si impegna ad arretrare oltre il fiume Litani, mentre l’esercito libanese dovrebbe cominciare a presidiare la zona, in collaborazione con la missione Onu Unifil in una versione rafforzata rispetto al passato. Ad assicurare il rispetto delle condizioni saranno Gran Bretagna, Germania, Francia e altri attori internazionali. Israele manterrà però il diritto di agire militarmente in caso di violazioni da parte di Hezbollah.
A Beirut, riportano Corriere, Stampa e Repubblica, la notizia della tregua è stata accolta con festeggiamenti. Nel nord d’Israele c’è invece scetticismo e i 70mila sfollati, sottolinea il Foglio, non sanno se potranno tornare in sicurezza nelle loro case e considerano l’accordo «una resa». Anche all’interno del governo Netanyahu c’è chi contesta la tregua: il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir.
Hezbollah «è squassato, ma non sconfitto», scrive Repubblica. Il movimento terroristico sostenuto dall’Iran «ha continuato a combattere e ha dimostrato, ancora 36 ore fa, di essere comunque in grado di colpire Tel Aviv e oltre. Mantiene la sua rete sociale in Libano, centri medici, scuole, Ong. Siede in Parlamento, e già promette di rimettere in piedi il sud sciita, dove almeno 40 villaggi sono stati rasi al suolo dall’Idf». Per la Stampa «la milizia sciita è ridimensionata ma può rivendicare di aver “resistito”».
Le diverse analisi sui quotidiani sottolineano la fragilità dell’accordo. Per Maurizio Molinari (Repubblica) la tregua rappresenta anche un’opportunità: «Offre non solo al tandem Biden-Trump la spinta per accelerare verso Gaza ma anche all’Europa di sostenerli, li dove possibile, anche al prezzo di assumersi maggiori responsabilità. E evidente che l’Unifil in Libano avrà bisogno di più contingenti e ciò significa guardare a Roma e Parigi. Così come lo è che per la ricostruzione a Gaza servirà un impegno internazionale, non solo dei Paesi arabi sunniti ma anche dell’Ue». Per Fiamma Nirenstein (Giornale) quando la questione «fra due mesi sarà nelle mani della nuova amministrazione americana, si sarà capito ormai se il terrorismo di Hezbollah, figlio degli ayatollah, continua». Se sarà così, sostiene Nirenstein, «è logico aspettarsi» un via libera Usa a Israele di colpire. Valutazione condivisa da Mario Sechi su Libero. Qualsiasi cosa accade, rileva Antonio Polito sul Corriere, l’Occidente ha il compito di difendere «Israele dall’attacco dell’Iran e dei suoi combattenti per procura, Hamas, Hezbollah, Huthi».
Per sradicare Hezbollah, avverte l’ex negoziatore Usa Aaron David Miller, non bastano i bombardamenti. «Richiederebbe l’occupazione a nord del Litani, nella valle della Bekaa, che ora sarebbe impossibile». Per Miller la tregua in Libano non influenzerà Gaza né la politica di Hamas. Simile l’analisi di Ugo Tramballi sul Sole 24 Ore.
Il massacro del 7 ottobre «andava fatto», dichiara a Repubblica Basem Naim, membro del politburo di Hamas. Per Naim le stragi, gli stupri, la guerra a Gaza sono state un mezzo per «riportare la questione palestinese al centro». Hamas è sempre più isolato, afferma l’intervistatore, ma Naim, oltre a sottolineare il sostegno politico del presidente russo Vladimir Putin, dichiara che l’obiettivo dei terroristi è «entrare nell’Olp che è l’ombrello di tutti i palestinesi». Poi aggiunge: «Se la nostra presenza blocca la ricostruzione di Gaza, siamo disposti a farci da parte. Proponiamo un governo tecnico unitario senza componenti politiche, che si concentri sui civili».
L’Onu ha rimosso una funzionaria keniota convinta che la guerra a Gaza e in Libano rappresentino un legittimo tentativo israeliano di smantellare due organizzazioni terroristiche, Hamas e Hezbollah. «Se non aderisci alla teoria di Israele genocida sei fuori dall’agenzia internazionale del diritto umanitario», denuncia Giuliano Ferrara sul Foglio. «E puoi lavarti la coscienza parteggiando per l’umanitarismo insieme agli iraniani, che quei gruppi terroristici foraggiano, organizzano e mandano, come si è mandanti di stragi e omicidi. Questo la dice lunga sull’uso propagandistico del concetto di giuridicizzazione della guerra».
Il giurista americano Alan Dershowitz vuole creare un team di avvocati ed esperti per aiutare Netanyahu e il suo ex ministro della Difesa Yoav Gallant a difendersi dalle accuse della Corte penale internazionale. Dershowitz lo racconta a La Stampa: «La nostra tesi è che la Cpi non ha giurisdizione su Israele, non solo perché lo stato ebraico non ha sottoscritto lo statuto di Roma, ovvero il suo trattato costitutivo, ma anche perché lo stesso statuto impedisce alla Corte di prendere in considerazione casi contro qualsiasi paese dotato di un valido sistema giudiziario e che sia disposto e in grado di indagare sui suddetti crimini». Dershowitz porta a riguardo l’esempio di «15 militari dell’Idf incriminati per l’uso improprio di armi a Gaza».
Non ci saranno i tifosi della Lazio ad Amsterdam il prossimo 12 dicembre per la sfida contro l’Ajax. Lo hanno deciso le autorità locali: «I tifosi laziali romani non sono i benvenuti. Il rischio di espressioni antisemite e razziste, e di disordini legati agli estremisti di destra, è troppo grande», si legge in un comunicato della società assieme al comune (Messaggero)). Ad Amsterdam, scrive Repubblica Roma, vogliono evitare nuove tensioni dopo il caso degli attacchi ai tifosi del Maccabi Tel Aviv.
«Tra le tombe del cimitero ebraico di Saluzzo, dove la Storia è più viva che mai» titola il Foglio per l’articolo di Ferdinando Cancelli. Un pezzo in cui si ripercorre la storia della Saluzzo ebraica attraverso i nomi presenti nel cimitero della cittadina piemontese.
Avvenire pubblica una anticipazione dal nuovo volume di Massimo Giuliani Più larga del mare è la Torà. Veloci immersioni nella cultura ebraica (Castelvecchi).