DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 29 novembre 2024

«Libano, prime crepe nella tregua» titola il Corriere della Sera. A 24 ore dal cessate il fuoco, riporta il Giornale, «Israele ha denunciato la presenza di «forze sospette» in diverse zone del sud del Paese». Per questo Tsahal è intervenuta aprendo il fuoco e colpendo una postazione di Hezbollah. «Se l’accordo dovesse saltare, ho dato ordini di riprendere a combattere in modo massiccio», dichiara il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Intanto, racconta Repubblica, è in corso un grande esodo verso il sud del Libano, segnato dalla guerra. Qui «Hezbollah sta promettendo di ricostruire gli alloggi, di risarcire i danni, di pagare gli oggetti usati, lascia mazzette di dollari e numeri di telefono da contattare». I soldi, sottolinea Repubblica, arrivano dall’Iran.

Il Corriere intervista Rawhi Fattouh, portavoce del Consiglio legislativo dell’Autorità nazionale palestinese, appena scelto dal presidente dell’Anp Mahmoud Abbas come suo successore ad interim in caso la presidenza rimanga vacante. Fattouh, a Roma per un’audizione alla Commissione Esteri del Senato, invoca una tregua per Gaza. E attacca sia Hamas sia Netanyahu, definendo entrambi «fascisti». Parlando della premier Giorgia Meloni, Fattouh sottolinea il suo sostegno alla «soluzione dei due Stati» e chiede al governo italiano il riconoscimento dello stato palestinese. Il leader dell’Anp nega le accuse di corruzione (da anni l’Anp è molto impopolare tra i palestinesi), esclude ogni coinvolgimento con il 7 ottobre e accusa l’Iran di sfruttare la causa palestinese per propri interessi.

A Gaza non è in corso un genocidio, ribadisce sul Corriere della Sera la senatrice a vita Liliana Segre. Nel conflitto contro Hamas, non ricorre nessuno dei due caratteri tipici dei principali genocidi, scrive Segre: «la pianificazione della eliminazione, almeno nelle intenzioni completa, dell’etnia o del gruppo sociale oggetto della campagna genocidaria, l’altro è l’assenza di un rapporto funzionale con una guerra». Segre sottolinea poi come l’uso della parola genocidio abbia fatto da scudo morale a una nuova ondata di antisemitismo. Riguardo a Gaza, la senatrice a vita sostiene siano «piuttosto evidenti crimini di guerra e crimini contro l’umanità, commessi sia da Hamas e dalla Jihad, sia dall’esercito israeliano». Per il direttore della Fondazione Cdec Gadi Luzzatto Voghera, intervistato da l’Unità, l’uso della parola genocidio rappresenta «un oltraggio». È una «falsa equazione colpevolizzante che indica (e questo è antisemitismo) gli israeliani come “vittime che si fanno persecutori”».

«Numerosi paesi europei dicono no all’arresto di Netanyahu e del suo ex ministro della Difesa Yoav Gallant», scrive il Foglio, «e così l’Aia apre a Israele». Il quotidiano richiama una dichiarazione critica dei ministri degli Esteri di Germania, Francia e Regno Unito nei confronti della Corte penale internazionale sul mandato d’arresto e la lega a un commento del portavoce della Cpi per cui i giudici sarebbero «pronti a revocarla».

«All’Onu per far carriera bisogna odiare Israele» scrive su Libero Giovanni Sallusti, ricordando due casi opposti: quello di Francesca Albanese, «che ha scalato la filiera degli incarichi Onu e mantiene la sua targhetta di relatrice speciale sui territori palestinesi occupati parlando un giorno sì e l’altro pure del “genocidio” praticato dallo Stato degli ebrei». E poi c’è il caso della keniota Alice Wairimu Nderitu, consulente speciale per la prevenzione del genocidio delle Nazioni Unite, «rimossa dal suo incarico proprio perché si rifiuta di applicare quella parola incommensurabile e infame alla campagna militare di Israele contro le squadracce nazi-islamiche di Hamas».

Dal 2014 Israele ha istituito per il 30 novembre il Giorno del ricordo dell’esodo forzato di centinaia di migliaia di ebrei dai paesi arabi e dall’Iran. Lo ricorda La Ragione, dando voce ad alcune testimonianze italiane, tra cui quella del milanese Yoram Ortona, che ricorda la violenza antisemita a Tripoli e la fuga dalla Libia. Sempre su La Ragione si ricorda la «trasversalità dell’antisemitismo»: contrastarlo, si legge, «è alla base della pace e della civiltà occidentale».

L’indebolimento di Hezbollah e l’aggressione russa in Ucraina stanno influenzando anche la Siria. Sfruttando l’assenza dei due alleati di Bashar al-Assad, una coalizione di gruppi islamisti e filoturchi ha attaccato l’esercito siriano nel nord-ovest siriano, conquistando centinaia di chilometri di territorio. Lo racconta il Foglio, sottolineando come il regime di al-Assad rischi un nuovo cedimento.