LA SPIGOLATURA – Roberto Jona: Israele, 77 anni di sviluppo

Il 29 novembre 1947, 77 anni fa, l’Onu approvava la risoluzione 181.
Il piano contenuto in questa deliberazione dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite per la spartizione della Palestina mandataria in due Stati: uno ebraico, comprendente il 56% del territorio, l’altro arabo, sulla parte restante, mentre Gerusalemme sarebbe stata corpus separatum sotto l’amministrazione delle Nazioni Unite. Approvata a larga maggioranza dopo lunghi negoziati preliminari, la risoluzione fu accettata dalla comunità ebraica in Palestina e respinta dalla comunità araba nella regione e di conseguenza non fu mai attuata.
Sono passati 77 anni da quando l’Onu approvò la nascita di uno Stato ebraico. Dopo poco meno di 2000 anni dalla distruzione che l’imperatore Tito aveva portato nella patria ebraica, la Comunità delle Nazioni riconosceva al popolo ebraico il diritto all’indipendenza nella sua terra. Una rivoluzione totale dopo secoli di precarietà.
Le angustie delle persecuzioni si speravano avviate alla cancellazione, il plurisecolare sogno del ritorno nella Terra dei Padri pareva a portata di mano e di prossima realizzazione. Purtroppo, la realtà fu diversa, articolata e soprattutto incerta. Dopo 77 anni, non è ancora scomparso chi vorrebbe cancellare Israele “dal fiume al mare”: pur non essendo uno storico credo di non sbagliare nell’affermare che in nessun altro luogo del mondo si è insistito e agito con tanta pervicacia per cancellare un popolo dalla faccia della Terra. E tuttavia, oltre ad aver sviluppato la difesa militare, Israele è riuscito a creare una società civile di prim’ordine e, sorprendentemente, malgrado le sue ridotte dimensioni a sviluppare un insieme di tecnologie all’avanguardia in tutti i campi della scienza.
Anche se dopo oltre tre quarti di secolo quella deliberazione delle Nazioni Unite è lungi dall’essere riconosciuta da tutti, vale la pena ricordare questo traguardo politico raggiunto dal popolo ebraico due millenni dopo le distruzioni inflitte dall’imperatore Tito.

Roberto Jona