TORINO – Suor Giuseppina, una nuova Giusta fra le Nazioni

Nell’agosto 1944 la famiglia Foa viene arrestata vicino a Cuorgnè, in provincia di Torino. È una delazione a condannare i tre: il padre Guido, la madre Elena Recanati, il figlio Massimo di pochi mesi. Riconosciuti come ebrei, vengono imprigionati nelle Carceri Nuove di Torino per poi essere deportati ad Auschwitz. Massimo, nove mesi, però si salva grazie all’intervento di suor Giuseppina Demuro, che da quasi vent’anni è al servizio dei detenuti delle carceri. In una testimonianza del dopoguerra Elena, sopravvissuta al lager a differenza del marito, ricorderà la detenzione torinese. Lei era in un braccio della prigione, Guido in un’altra sotto controllo della SS. «Io ero in questo sgabuzzino con il bambino che piangeva e suor Giuseppina veniva, lo prendeva in braccio con la scusa di fargli prendere aria e lo portava a farlo vedere a mio marito. Dopo mi arrivavano i bigliettini che io e mio marito ci scambiavamo… Un giorno la suora è venuta a dirmi che una patronessa delle carceri era disposta ad adottare il bambino, che aveva solo 9 mesi… Dal carcere mio figlio venne fatto uscire come un fagotto tra le lenzuola sporche dopo otto giorni di reclusione, otto giorni atroci…». Questo episodio non fu l’unico di cui suor Giuseppina, classe 1903, originaria della città sarda di Lanusei, fu protagonista. Ma è uno dei motivi per cui domani al Museo del Carcere Le Nuove verrà consegnata la medaglia e l’attestato di Giusto tra le Nazioni, rilasciato dallo Yad Vashem di Gerusalemme, ai familiari di Demuro. Come ricorda il Museo della Resistenza di Torino, la suora «riuscì a salvare dalla deportazione e dalla morte molte tra le persone incarcerate e si attivò regolarmente per tentare di rendere meno disumane le condizioni carcerarie imposte dalle SS. Fra l’altro, fece da tramite nel trasmettere informazioni tra i condannati e le famiglie».
Dal maggio 1942 suor Giuseppina divenne madre superiora del carcere, a capo della sezione femminile. In questa veste entrò a far parte di una rete clandestina imbastita dal cardinale Maurillo Fossati per aiutare le vittime del nazifascismo. Nel 1946 a guerra finita, in una lettera scritta a un superiore, ricorderà: «Le donne che hanno maggiormente bisogno e che sento degne di aiuto e particolare comprensione sono le israelite, le più maltrattate. Ne ho conosciute 138, prive di tutto, ho conosciuto persino una mamma di 89 anni…Non vi è penna che possa descrivere».
Ma la madre superiora aiuterà sia uomini sia donne. Fu grazie a lei ad esempio che Mario Zargani, famoso violinista, riuscì ad evadere con la moglie Eugenia Tedeschi dalla prigione e salvarsi la vita.
«La sua intelligenza e tenacia», ricorda la Comunità ebraica di Torino, «permisero di evitare deportazioni e condanne, diventando un esempio luminoso di giustizia e amore in un periodo di terrore».
Alla consegna della medaglia di Giusta tra le Nazioni a suor Giuseppina saranno presenti anche i discendenti delle famiglie Foa e Zargani.

(Nell’immagine il Memoriale Yad Vashem di Gerusalemme)